Malanima è il romanzo d’esordio della scrittrice Rosita Manuguerra ed è stato pubblicato da Feltrinelli editore. Il romanzo parla della vita nell’isola di Favignana e dei suoi protagonisti principali che sono Mia e Marina, due ragazze tanto diverse l’una dall’altra: la prima vive sin dalla nascita sull’isola e qua ha vissuto tutta la sua giovane vita, la seconda è originaria dell’isola ma prima di ritornarvi con sua madre Lia Amato ha vissuto in un contesto cittadino come Milano. Tra le due ragazze nasce una bellissima amicizia che va contro ogni pregiudizio e che è capace di superare ostacoli insormontabili.
Oltre alle due protagoniste principali ci sono gli abitanti dell’isola: dai genitori di Mia alla madre di Marina, Lia fino agli amici di Mia, ecc… Il romanzo affronta tanti altri temi: dall’amicizia alla famiglia, dalla libertà al diritto all’istruzione.
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L’intervista
Arstorica – Buongiorno Rosita, piacere di conoscerla. “Malanima” è il suo romanzo d’esordio. Com’è stato scriverlo? Ha avuto delle difficoltà?
Rosita Manuguerra – Scrivere questo romanzo mi ha permesso di conoscere meglio me stessa. Mi ha accompagnata in tanti cambiamenti che sono avvenuti nella mia vita: il termine degli studi, due traslochi, una nuova casa che adesso sarà la mia base di scrittura, il trovare un compagno. All’inizio è stato difficile conciliare la scrittura con il lavoro, negli ultimi anni ho lavorato come stagionale del turismo, finivo di lavorare e mi mettevo a scrivere, portavo il computer con me ovunque, per proseguire tutti i giorni. Penso che avere un ritmo e strutturare una routine intorno alla scrittura sia molto importante. Scrivere è un mestiere e come tale richiede impegno e dedizione. Non basta l’ispirazione se non si è in grado di stare su una sedia e portare a termine quello che ci si è prefissati.
I personaggi più importanti della storia sono donne, tutte diverse ma in un modo o nell’altro affezionate all’isola. Ci parla del loro rapporto con quest’ultima?
Tutti i personaggi del romanzo mettono in scena un tipo di rapporto con l’isola. Volendo parlare soltanto delle donne, Mia (protagonista del romanzo e voce narrante) è quella che nell’isola c’è nata e ha visto nelle donne intorno a lei quanto possa costare abitare sullo scoglio. Lo ha visto in sua nonna, che nell’isola è morta pur di non rischiare di morire altrove; in sua zia Nietta, che lì ha sacrificato la sua giovinezza; e in sua madre, Teresa, che a causa dell’isola sembra aver perso delle amicizie, perché il mare può legare le persone, ma anche allontanarle, in una deriva che può essere infinita. C’è poi Marina, l’altra protagonista del romanzo. Marina è l’amica che viene da un altrove fantasticato, che mostra a Mia come può essere non venire dal mare e lottare ugualmente per trovare una propria dimensione di vita. Un moto esistenziale che prescinde l’isola, ma riguarda i luoghi della nostra adolescenza. C’è poi Lia, Lia Amato, la madre di Marina. Una donna coraggiosa ma malinconica, che da Favignana è scappata tanti anni prima e che adesso è costretta a tornare per fare i conti col passato che si è lasciata alle spalle.
Nel romanzo non è mai l’isola il problema, quanto il fatto che ci si nasconda dietro di essa per evitare di sciogliere nodi di vita in sospeso.
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Mia e Marina sono i personaggi centrali della storia. Una volta che si conoscono, si scelgono fino alla nascita di una grande amicizia. Ci parla del loro rapporto?
Mia vede per la prima volta Marina mentre è intenta a compiere un gesto insensato, ma per lei poetico: salvare un delfino morto. Si riconosce in lei, nella sua sensibilità e nel suo modo di volere aver fede a ogni costo. Per questo motivo decide che deve essere sua amica.
Marina trova in Mia qualcuno che la sceglie e che vuole comprenderla, qualcosa che non ha mai provato prima.
Il tema della scelta è fondamentale per la loro amicizia e per tutto il romanzo. È strettamente correlato alla presa di coscienza. E Mia e Marina, nonostante siano soltanto delle adolescenti, finiscono per dare la spinta a una consapevolezza nuova a tutti i personaggi del romanzo.
Marina è un personaggio molto libero, è bellissima ma ha un passato doloroso. Ci approfondisce meglio il suo personaggio?
Nell’atto di scrivere Marina è stata la primogenita. Inizialmente credevo fosse lei la protagonista della storia. È una ragazza costretta a crescere presto, che deve fare i conti col dolore che hanno lasciato su di lei le scelte dei suoi genitori. Ma è giovane, non sa ancora verbalizzarlo per affrontarlo, è arrabbiata. E la sua è una rabbia di quelle che allontanano chi hai intorno e poi rischiano di fagocitarti.
Subisce uno sradicamento e poi le vengono appioppate delle radici che non riconosce come sue. È determinata a scoprire la verità, a riappropriarsi della storia della sua famiglia e della sua narrazione. Solo comprendendo e perdonando si possono spezzare le catene generazionali e smettere di soffrire.
5) Mia è la voce narrante della storia. È giovane ma molto sveglia. Sa già quel che vuole nella vita: studiare. Eppure dopo la terza media questo suo desiderio sembra essere messo a dura prova dalle difficili condizioni economiche della sua famiglia. Si parla quindi di un grande desiderio: il diritto ad essere liberi e all’istruzione. In un’epoca come quella odierna dove in molte aree del mondo quest’ultimo è un privilegio ci dice la sua in merito?
Il diritto all’istruzione è uno dei temi per cui ho scritto questo romanzo. A Favignana sono cambiate molte cose nel momento in cui è stato esteso l’obbligo scolastico oltre i quattordici anni di età. Poter studiare non era scontato, lo faceva soltanto chi aveva una famiglia abbastanza abbiente da potersi permettere una casa a Trapani. Oggi abbiamo aliscafi che collegano l’isola su base giornaliera, eppure viaggiare in aliscafo non è come prendere l’autobus, spesso si resta scollegati, e questo vai e vieni diventa il motivo di un abbandono scolastico prematuro che in altre condizioni non si verificherebbe. Eppure, nonostante la scuola dell’isola abbia rischiato di chiudere per il numero esiguo di alunni, Favignana è più fortunata rispetto ad altre realtà. Penso a Levanzo e Marettimo, le altre due isole dell’arcipelago, dove studiare resta un problema per tanti motivi. La cosa mi fa rabbia: studiare dovrebbe essere un diritto garantito, alla portata di tutti, ma non lo è. Non serve andare dall’altra parte del mondo per rendersi conto che l’istruzione è un privilegio. Servirebbe più attenzione da parte dello Stato.
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Un altro tema molto importante intorno alla storia è anche quello della famiglia. Si parla del rapporto tra Mia e i suoi genitori e di quello tra Lia e sua figlia Marina in particolare. Ce li può descrivere?
Mia osserva Cesco e Teresa e non li comprende, nonostante comprendere gli altri sia una delle sue qualità. Per tutto l’arco del romanzo sembra quasi che creda che non si amino. Spesso le persone che capiamo meno sono quelle che vediamo tutti i giorni, siamo vittime del quotidiano, che ci appiattisce. Nel corso del romanzo Mia capisce di essersi sbagliata proprio perché non li conosceva. I suoi genitori hanno un loro linguaggio dei sentimenti, che li rende complici in modi che non si sarebbe aspettata.
Marina guarda a sua madre come un mistero da decifrare. È arrabbiata con lei per le scelte che ha compiuto e che l’hanno coinvolta, ma prova anche l’istinto di proteggerla, a causa del senso di colpa che ha suscitato in lei quello che ha visto da bambina. Anche Lia vuole proteggere Marina: madre e figlia sono vittime dello stesso meccanismo. Per proteggere Marina, Lia annaspa nei non detti e finisce col creare una distanza maggiore con sua figlia, e vivere da sola il suo dolore.
Tra i personaggi, vi sono quelli molto legati all’isola e quelli che per realizzarli la devono lasciare per trovare il loro posto nel mondo. Ci parla di questo desiderio di libertà di alcuni personaggi della storia, come quello di zia Nietta?
Non dobbiamo forse scegliere tutti, a un certo punto, se partire o restare per realizzarci?
Vivendo a Favignana è un tema con cui ho avuto a che fare per tutta la vita. C’è chi nasce e sa già che trascorrerà tutta la vita nello scoglio. Chi si dividerà per sempre fra quello e la terraferma, chi andrà altrove. O ancora, ci sono quelli che non sono nati nell’isola ma che per un motivo o per l’altro la scelgono. Io amo dire che l’isola è un catalizzatore: a seconda di quanto si è permeabili aiuta ad accrescere la consapevolezza di se stessi. Zia Nietta è un altro esempio del tipo di rapporto che si può avere con l’isola. Ha fame di mondo, ma non si è spostata prima per amore della sua famiglia, e incolpa l’isola di questo. Lo fa consapevolmente o per gioco? Intanto getta questo sasso nello stagno, parla a Mia di questo “Malanima” che riverbererà per tutto il romanzo e che cambierà il suo modo di guardare alle cose.
Un altro tema del libro è la diffidenza verso Marina, figlia di Lia Amato. Quest’ultima viene considerata male agli occhi degli altri isolani in relazione alla morte del padre. Ci parla di questo aspetto?
In un luogo così piccolo le voci corrono veloci e spesso non arrivano a destinazione come si deve. È qualcosa che può cambiare il corso di alcune vite. Una storia ben raccontata può essere molto potente, creare una realtà. Bisogna imparare se restare indifferenti o prendere il controllo della propria narrazione.
Ma il senso di comunità che si sviluppa in questi luoghi è forte anche in senso positivo. Ti fa sentire a casa, in famiglia, anche quando sei altrove. Io non mi aspettavo questa reazione da parte degli isolani nei confronti del mio romanzo. Per me è stato commovente quando qualcuno di loro è venuto da me dicendo: “Grazie, siamo noi”. Non è scontato.
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È stato complesso descrivere anche alcuni eventi storici del passato?
Il mio non è un romanzo storico. Sin dall’inizio volevo collocarlo in un non-tempo narrativo, perché alcune delle tematiche di cui tratto sono vere ieri come oggi. Ci sono però alcuni elementi che lo posizionano in un arco temporale abbastanza preciso. I riferimenti alla migrazione dei siciliani a Tunisi, in Libia; quelli al secondo conflitto mondiale; il bombardamento di Favignana del ’43 da parte degli alleati; l’obbligo scolastico non ancora vigente. Dovendo e volendo inserirli nel romanzo, perché queste cose sono state determinanti per il nostro tessuto sociale, non ho potuto fare a meno di dedicarmi alla ricerca. Di tutto il materiale emerso in realtà solo una minima parte è confluita nel romanzo. Proprio perché si tratta di un’opera di finzione e per rendere la finzione reale, verosimile, avevo la necessità di padroneggiare la materia per poterla trasporre.
Parliamo del futuro, sta già pensando a qualche nuova storia?
Penso che chi scrive non smetta mai di farlo. Esiste una fase propedeutica alla scrittura organizzata, che comporta l’allenare lo sguardo, vivere la realtà, leggere e scrivere le cose più disparate. Da qualche tempo tutto questo, dentro di me, sta tornando a convogliarsi in una direzione precisa. Una nuova storia? Più storie? Sì. Continuerò a scrivere.
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