Lisetta Carmi

Pianista, fotografa, ma soprattutto donna con un profondo senso della giustizia e desiderio di cambiare le cose: Annalisa (Lisetta) Carmi è stata, per citare rispettivamente le parole di Daniele Segre e della donna stessa, «un’anima in cammino» che ha fotografo «per capire» e immortalare «il senso della vita».

Annalisa Cesarina nacque a Genova il 15 febbraio 1924, figlia di Attilio Carmi e Maria Pugliese, la terza arrivata dopo Eugenio e Marcello. La famiglia era di origine ebraica ma atea, benestante e colta; l’essere non praticante non la salvò dalle persecuzioni delle leggi razziali fasciste emanate negli anni Trenta. I fratelli Eugenio e Marcello si trovavano al sicuro in un collegio in Svizzera, mentre Lisetta e i genitori erano rimasti a Genova; da un giorno all’altro la giovane quattordicenne si ritrovò impossibilitata a frequentare la scuola e cadde in un profondo sconforto.

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L’unica sua consolazione rimase la musica: si dedicò anima e corpo a esercitarsi al pianoforte, che aveva iniziato a studiare all’età di dieci anni sotto la guida del maestro Alfredo They. Nel giro di un anno la situazione degenerò a tal punto che la famiglia decise di cercare rifugio presso dei parenti nella provincia di Alessandria e, in seguito, a fuggire in Svizzera. Stabilitisi a Zurigo, lì la giovane continuò a studiare pianoforte al conservatorio e conobbe altri rifugiati, tra cui il poeta Franco Fortini, che le diede lezioni di letteratura. Solo alla fine della guerra Lisetta poté ufficialmente diplomarsi al conservatorio di Milano.

La prima vita: una stella della musica

Sin dal diploma Lisetta Carmi iniziò a esibirsi in concerti che furono apprezzati sia dal pubblico che dalla critica. Amante dei repertori classici, la musicista non disdegnava nemmeno autori più contemporanei come Luigi Cortese e Luigi Dallapiccola e si esibì non solo in Italia ma anche in Germania, Svizzera e Israele. La sua carriera sembrava promettente e tracciata, ma la donna si sentiva anche attratta da altro. Pur essendo atea, Lisetta non poteva ignorare la sua appartenenza al popolo ebraico, soprattutto l’empatia che sentiva naturalmente di nutrire nei confronti della sofferenza e dei sofferenti, e che la portò a impegnarsi socialmente. 

La seconda vita: la ricerca della verità

L’anno della svolta totale fu il 1960, quando Lisetta decise di partecipare a uno sciopero di Genova: il suo maestro They si oppose, temendo che un coinvolgimento di tipo politico avrebbe potuto rovinarle la carriera o, peggio, che l’artista sarebbe potuta rimanere coinvolta in scontri che le avrebbero danneggiato le mani. Di fronte a quella reazione Lisetta ebbe come un’illuminazione: per lei non poteva esserci nulla di più importante dell’impegno sociale, del tentativo di alleviare la sofferenza umana. In quello stesso anno, repentinamente, lasciò la carriera di concertista e durante un viaggio in Puglia con l’amico Leo Levi, si innamorò della fotografia.

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Iniziò subito, acquistando una Agfa Silette e immortalando le sue esperienze di viaggio; una volta tornata a Genova, i suoi scatti piacquero così tanto che Lisetta si decise a lanciarsi in una carriera da fotografa, carriera che sarebbe durata per quasi vent’anni. Grazie all’intermediazione del fratello Eugenio, in Svizzera trovò il suo mentore nel fotografo Kurt Blum: da quel momento, la fotografia divenne il suo modo per tentare di conoscere e comprendere la realtà. Un primo lavoro come fotografa di scena del Teatro Duse di Genova le permise di venire in contatto con vari artisti; in seguito, unì la sua passione per la musica e per la fotografia in un’unica opera grafica che accostava a un brano musicale un’immagine fotografica. 

Gli scatti immortali

Seguirono altri progetti che la portarono a fotografare i luoghi iconici di Genova ma anche il lavoro degli scaricatori di porto (i camalli), denunciandone le condizioni al limite dello sfruttamento; dedicò un reportage al comune lombardo di Piadena e poi uno alla storia della metropolitana di Parigi, i cui scatti, raccolti nell’opera Métropolitain, conquistarono il secondo posto nel Premio per la cultura della Fotografia di Fermo. Ma uno dei suoi reportage più noti fu quello incentrato sulla comunità dei travestiti di Via del Campo a Genova: un passo audace e scandaloso, che metteva in luce una realtà nota ma ignorata e ridava voce a una comunità di emarginati. Le tremila copie stampate del reportage si scontrarono con la resistenza della società e del mondo culturale: nessuno voleva venderle o metterle in vetrina, nonostante l’aiuto offerto da nomi come Dacia Maraini o Alberto Moravia, così quelle copie furono conservate privatamente per lo più da amici (in particolare la scrittrice Barbara Alberti). Solo oggi è stato riconosciuto il valore di quest’opera, che anzi è diventata oggetto di culto.

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Iconici sono anche gli scatti realizzati nel 1966 al poeta statunitense Ezra Pound, con cui Lisetta Carmi vinse il primo premio all’edizione italiana del Premio Niépce; solo nel 2005 vennero raccolti nell’opera L’ombra di un poeta. Incontro con Ezra Pound. Sempre nel 1966, la fotografa seguì il movimento di protesta dei Provos nei Paesi Bassi; poi, tornata in Italia, si recò a Firenze per documentare lo stato della città dopo una terribile alluvione.

Nel 1967, con la sua macchina fotografica immortalò le conseguenze della Guerra dei sei giorni in territorio palestinese; ciò che vide in quei giorni cambiò per sempre il suo rapporto con Israele, da cui si allontanò definitivamente. Lisetta Carmi fu testimone di alcune delle vicende più significative degli anni Settanta: dai cambiamenti geopolitici in Sudamerica alle lotte tra repubblicani e lealisti nell’Irlanda del Nord, fino a un reportage documentario sui corsi d’acqua della Sicilia. Si trattò del suo ultimo lavoro, perché nel 1976, durante un viaggio in Oriente, conobbe il maestro yogi induista Babaji e cambiò completamente vita, dedicandosi all’insegnamento e alla pratica del Kriya Yoga. A sancire questo cambiamento, nel 1979 comprò un trullo in Puglia e lo trasformò in un ashram: lì, in Puglia, nella terra che suscitò il suo amore per la fotografia, rimase fino alla fine della sua vita il 5 luglio 2022

A cura di Chiara Saibene.