La sposa del vento è un romanzo storico-artistico di Scilla Bonfiglioli pubblicato dalla casa editrice Fazi Editore. Si descrive la vita dell’artista Oskar Kokoschka, allievo del maestro viennese Gustav Klimt. Egli viene considerato un vero e proprio genio creativo che però deve convivere con i suoi demoni, tenendoli in qualche modo a bada. Nel romanzo si ripercorre tutta la vita del maestro: dall’amore che lo lega ad Alma Mahler al rapporto con la sua famiglia, dal suo ruolo essenziale in campo artistico al periodo trascorso sul fronte di guerra.

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L’intervista

Arstorica – Buongiorno Scilla, piacere di conoscerla. “La sposa del vento” descrive la vita tormentata del pittore Oskar Kokoschka e del suo genio creativo. Ci parla un po’ di come è riuscita a descrivere il suo personaggio? È stato difficile?

Scilla Bonfiglioli – Buongiorno a voi e grazie per l’opportunità che mi avete dato di essere qui. Per me è un piacere poter parlare di Oskar Kokoschka e della parte che questo artista così complesso e visionario ha avuto nella stesura de “La sposa del vento”.

Kokoschka è uno dei più grandi pittori, sceneggiatori e uomini di teatro del Novecento europeo e, in assoluto, una delle figure più interessanti. Mi sono innamorata di lui fin da ragazzina, quando sono gli artisti più cupi, tormentati e doloranti che si scavano una nicchia nel cuore dell’adolescenza e lì rimangono per sempre, ma è stato negli anni più recenti che ho realizzato quanto fosse una figura essenziale per descrivere un cammino umano: una discesa negli inferi e una risalita alla luce. La storia che ho voluto raccontare nel romanzo “La sposa del vento”, che prende vita da un episodio in particolare della vita del pittore – un episodio che sa di incubi gelidi e fiabe nerissime – è una storia che non riguarda solo Oskar Kokoschka, ma riguarda tutti noi. Si tratta di una di quelle vicende che si staccano dalla persona che l’ha vissuta e che diventano appannaggio del genere umano, come il mito di Orfeo ed Euridice.

Scrivere di Oskar (dopo tutto questo tempo insieme lo chiamo per nome) è stato facile, perché il materiale per le ricerche storiche che lo riguardano è enorme, c’è poco rischio di sbagliare. E, allo stesso tempo, è stato molto difficile proprio per la quantità stratosferica di fonti, tra cui destreggiarsi, scegliere e, all’occorrenza, decidere di tradire. Facilissimo, da un lato, perché Oskar Kokoschka è una creatura umanissima, immensamente umana. Difficilissimo, dall’altro, perché è significato entrare e uscire dall’inferno insieme a lui e andare a scavare in mezzo a cose del mio passato e della mia mente che avrei preferito rimanessero ben nascoste. Ma sarebbe splendido spingere il lettore a fare lo stesso viaggio, andata e ritorno, pagina dopo pagina.

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Com’è stato descrivere le città dell’epoca, come Vienna, Berlino e Dresda?

Ho lavorato con materiale visivo dell’epoca, per quanto riguarda la costruzione degli scenari in cui ho ambientato il romanzo. Biografie, libri storici e testimonianze artistiche di architetti, pittori, musicisti e fotografi del Novecento offrono un immenso aiuto e diventa semplice fare rivivere da una semplice mappa dell’epica una città prima dei due terribili conflitti mondiali che hanno dilaniato l’Europa.
Oltre a questo ho cercato di fare un lavoro ulteriore sulle città. Ognuna di esse è associata a colori e immagini particolari che caratterizzano in modo netto le fasi della vita di Oskar Kokoschka.

Vienna è la città del desiderio, la capitale d’Europa che è un’estensione del Maestro Gustav Klimt, mentore di Kokoschka. Una città immensa, imperiale, pesante e lenta nella sua immensità, tutta fatta di marmi, oro e mosaici caleidoscopici. La città che il giovane Oskar vuole conquistare e da cui vuole farsi accogliere, senza speranza.

Berlino è il riflesso infernale di Vienna. All’epoca in cui la capitale imperiale esercita ancora il suo potere più luminoso, Berlino è un centro industriale che brucia come una brace, fuligginoso e polveroso, dove gli artisti sono mostri e la società brulica incessante. Un luogo dove Oskar viene accolto per davvero, in preda alla fame creativa e a quella di uno stomaco sempre vuoto.

Dresda è una città d’acqua, di pace e di lucciole sugli argini, dove i teatri e le porte si aprono. Oskar non sarà mai il Maestro di Vienna, come quando aveva sognato di diventare il nuovo Gustav Klimt, ma sarà il maestro di Dresda.

Ogni città ha la sua anima e ognuna di esse è un pezzo dell’anima di Kokoschka. Poi ci sono altri luoghi più selvaggi, in cui mettere piede, nel romanzo. Luoghi meno urbani, ma con anime e colori molto nitidi.

“La sposa del vento” ha richiesto anche uno studio storico non indifferente. Ci parla di come l’ha effettuato?

Di Oskar Kokoschka, in Italia, si sa molto poco. Per qualche ragione conosciamo tutti Gustav Klimt che si è guadagnato posto anche nella cultura più pop grazie ai suoi colori vivaci che trovano spazio sui cartelloni pubblicitari, sui quaderni e sui diari. Siamo circondati da Gustav Klimt e lo adoriamo. Anche io lo adoro.

Conosciamo tutti anche Egon Schiele, con i suoi nudi malati e spigolosi. Per qualche ragione, Oskar Kokoschka rimane più indietro. Immagino che la sua pietà scheletrica e spellata sia più difficile da mettere sulla copertina di un diario. In qualche modo, continua a scandalizzare come ha sempre fatto. E viene nascosto. Questo, in Italia. Appena si esce dai nostri confini, invece, Oskar Kokoschka è conosciutissimo. Per questo motivo ho avuto a disposizione nella nostra lingua madre pochissimo materiale: qualche trafiletto sui libri di storia dell’arte, una pagina o due di biografia schiacciata tra i capitoli su Klimt e Schiele, alcuni saggi brevi. E qualche rimando dai miei testi di storia del teatro.
Ho fatto affidamento soprattutto su biografie in lingua inglese, enormi volumi che conservo gelosamente, dopo essermeli procurati a fatica. Il più vecchio di questi puzza ancora di cantina, non so da dove arrivi, ma è stato uno dei documenti più preziosi per la consultazione. Dall’Europa e dall’America i documenti sono arrivati.

Documentazione scritta ma anche visiva, che è stata importantissima, sia per quanto riguarda ovviamente la sua produzione pittorica, ma anche per quella teatrale. Una delle fortune più grandi è che Oskar Kokoschka era uno scrittore estremamente prolifico, scriveva sempre e su tutto: scriveva alla sua mamma, scriveva all’amata Alma, scriveva al fratello minore in guerra; scriveva all’amico architetto Loos e scriveva perfino dietro le tele. Il materiale epistolare a cui ho attinto è una documentazione della sua vita – o della porzione della sua vita che mi interessava – quasi quotidiana. Per alcuni versi, è stato un po’ come vivere insieme a lui. Non sempre è stato bello.

Nel romanzo si affrontano anche i “demoni” di Oskar Kokoschka. Com’è riuscita ad affrontare questi aspetti?

I demoni di Oskar sono stati una delle ragioni principali per cui ho deciso di scrivere questa storia. Volevo parlare di qualcosa che è ancora, fin troppo spesso, ritenuto un tabù. Quando si parla di disturbi psichici si tende a farlo o con zuccheroso compatimento o con distacco tecnico. Come se questi due approcci fossero un moderno esorcismo che ci permette di tenerli in lontananza, su uno sfondo, senza permettere loro di avvicinarsi troppo a chi ha la fortuna di non vernirne toccato. La verità che conosco io, invece, è che questi demoni toccano tutti. In prima persona, oppure toccano qualcuno che ci è vicino. Tanto vale guardarli in faccia.

La storia de “La sposa del vento” è in primo luogo una storia di demoni infestanti, di fantasmi psichici e di strategie per contenerli. Non per imprigionarli, ma per “costruire con essi il miglior rapporto possibile”. Ci sono situazioni in cui vincono loro. E altre in cui riusciamo a trovare degli accordi di non belligeranza favorevoli, come ha fatto Oskar Kokoschka.

L’amore è un altro tema molto importante e viene raccontato magistralmente grazie al legame tra Oskar e Alma. Ci parla di questa relazione intensa, ma purtroppo finita in modo doloroso soprattutto per Oskar?

Oskar Kokoschka e Alma Mahler sono due mostri, per la società in cui vivono. Lui è “il diavolo che ha scandalizzato Vienna” da appena maggiorenne. Lei è una vedova bella, ricca e libera che rifiuta di comportarsi da vedova e che rifiuta di deporre il cognome del famosissimo marito defunto da poco e che, anzi, lo usa come lasciapassare per esercitare un potere e una capacità di azione che in una situazione “normale” sarebbero concessi solo a un uomo. Vienna non perdona nessuno dei due per questo.

Al contrario, Oskar e Alma si riconoscono come spiriti affini e si gloriano di questa loro deformità sociale. Si specchiano l’uno nell’altra e la passione che li travolge non è solo carnale o romantica, ma è una vera e propria fusione animica. Nella loro storia d’amore, rifulgono di luce come da soli non avrebbero mai potuto fare. Ma più una relazione di questo tipo è luminosa e feroce, più brucia in fretta e logora gli amanti come se fossero due stoppini in una fiamma. Questo è esattamente quello che succede loro. Artista e musa concepiscono un’arte che travalica i confini della loro epoca storica, creano capolavori, ma le loro menti risentono di questa energia travolgente. In breve, ne rimangono inceneriti.

Oskar è giovane, geloso e impulsivo, rimane incantato dalla fiamma e non riesce a staccarsi. Alma è più matura, più consapevole e ha già conosciuto la gabbia, quindi fa l’unica cosa possibile per garantire la sopravvivenza a entrambi: a un certo punto allontana Oskar con una zampata e scappa.
La loro storia d’amore ardente dura poco più di due anni, forse due anni e mezzo, ma in quel breve periodo dura un’eternità. E anche dopo la rottura, nessuno di loro due sarà davvero libero dall’altro. Con conseguenze mostruose.

Alma per l’epoca è una donna molto emancipata. Ci delinea il suo carattere?

Quando si parla di Alma Mahler, di solito, si tratteggia il ritratto di una donna incredibilmente attraente, frivola, superficiale e vanitosa. Un’arrivista sociale di facilissimi costumi. Un ritratto decisamente poco realistico, a mio avviso, oltre che offensivo. L’Alma che ho conosciuto io durante le mie ricerche è una giovane cresciuta con il sogno di diventare artista. Compositrice e musicista fin da ragazzina, coltiva il sogno di diventare come il suo idolo: Wagner. Un sogno che viene smembrato e divorato da una Vienna che la vuole fanciulla di buona società prima, moglie e madre poi.

Il matrimonio con il famosissimo compositore Gustav Mahler demolisce completamente i sogni artistici di Alma che, come scrive nei suoi diari, si renderebbe ridicola, in quanto moglie di un compositore così importante e come madre di due bambine, se continuasse a comporre. Alma abbandona qualsiasi velleità artistica attiva e tutto quello che le rimane è diventarne parte passiva: da artista diventa musa. E lo fa così bene che diventa la decantata “Musa delle Quattro Arti”. Klimt, che fu il primo amore di un’Alma adolescente, la descrisse come “l’ultima, vera maga vivente”.

Alma non può fare arte, la possibilità di essere parte attiva nel processo artistico le viene strappata. Può solo essere parte passiva. E la ricerca spasmodica dell’arte che le è stata tolta la porta a cercarla in moltissimi uomini, pur di averla. A parte una sola eccezione, tutti i suoi amanti sono artisti. Anche Alma, come Oskar, è attratta da una fiamma che le regala luce, ma la brucia giorno dopo giorno.

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La Grande Guerra, a cui ha partecipato il pittore, è stata delineata in modo magistrale in tutte le sue sfaccettature. È stato complesso ripercorrerne il quadro generico?

Quando si parla del primo conflitto mondiale a noi italiani si dipinge in mente uno scenario molto preciso: una guerra di logoramento, di trincea, di attesa infinita e di morti improvvise.
La guerra che va a combattere Oskar Kokoschka invece è diversa: non è sul fronte meridionale (dove comunque verrà, nell’ultimo periodo, come reporter di guerra), ma sul fronte orientale. Più o meno nei territori dove si sta combattendo adesso una sanguinosa guerra proprio in questi giorni. Oskar scrive sempre a casa, sia ai genitori che ad Alma, che ormai lo ha lasciato, che agli amici.

Racconta tutto, del suo addestramento e delle azioni militari che lo portano molto vicino a una morte che a questo punto lui desidera ardentemente. Nel mio lavoro non ho dovuto inventare niente, è Oskar che fornisce descrizioni dettagliate sulle paludi invase dalla nebbia, sulle corse a cavallo da solo o alla guida dei commilitoni, sul nemico che non indossa sgargianti uniformi come la sua, ma veste di pelli e radici per mimetizzarsi nel territorio ed esce tra gli alberi non come un avversario sul campo, ma come una forza della natura pronta a divorare il bambino che attraversa il bosco.

Si descrive anche un altro pittore come il maestro Gustav Klimt. Quanto è stato importante quest’ultimo per la formazione di Oskar Kokoschka?

Quando Oskar Kokoschka è uno studente della Scuola delle Arti Applicate di Vienna, Gustav Klimt è già una leggenda vivente. L’uomo che viene chiamato e riconosciuto come “il Maestro di Vienna” è l’artista che ha dipinto e costruito la capitale imperiale. Klimt è la stessa Vienna, nel bene e nel male. Dopo avere “fatto” Vienna ed essere stato professore della scuola in cui Oskar studia, Klimt tradisce l’accademia, la ribalta e la abiura, dando vita al movimento della Secessione. Scandalizza Vienna lui per primo, con le sue opere che sotto una superficie così esteticamente bella da essere tranquillizzante, nasconde elementi perturbanti, sensuali e onirici. Lascia la scuola per fare qualcosa di più grande.

Oskar Kokoscka guarda a lui come un mentore, un faro nel buio, un modello da seguire. Gli dedica la sua prima produzione di litografie mostruose, che fanno rabbrividire i professori della Scuola di Arti Applicate. Anche Klimt riconosce in Kokoschka il genio oscuro che porterà avanti il lavoro di rottura cominciato da lui stesso, è Klimt che spinge il giovane Oskar a muovere i primi passi nel mondo artistico professionale. Ma Klimt è anche l’uomo che per primo ha baciato Alma Mahler e questo genera nel cuore del pupillo la frattura di un tradimento che non si sanerà fino alla morte del maestro viennese.
Klimt è l’uomo che muore a seguito di un ictus, paralizzato a metà. Oskar è l’uomo che riesce, dopo un cammino tra i mostri, a ricucire in sé quelle due metà a sopravvivere a una maledizione umana e artistica generazionale.

Se non siamo indiscreti, sta già lavorando a nuove storie?

Nessuna indiscrezione, tutt’altro. In questo momento sono al lavoro su un romanzo che, idealmente, può essere considerato figlio de “La sposa del vento”. Una sorta di seguito per argomenti, che sono quelli su cui voglio lavorare ancora: gli incubi, le fiabe, il lato magico e onirico del mondo, la salvezza dietro la condanna. Ma, ovviamente, non è un seguito vero e proprio, protagonisti e tempi sono diverse. Il filo conduttore è sempre l’arte, però.

Questa volta mi trovo in Italia, in pieno Rinascimento, e la protagonista è una ragazza di cui si parla poco, ma che, come Oskar, ha vissuto tanto e molto forte. Spero di potervela presentare molto presto.

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Si ringrazia Fazi Editore per averci fornito la copia del romanzo!

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