La storia famigliare non è solo storia: è mitologia, è identità, è qualcosa che rimane nelle nostre cellule. Ripercorrendo il proprio passato famigliare alla ricerca della bisnonna, internata per un breve periodo in manicomio negli anni Venti, in Quello che so di te l’autrice affronta i propri demoni e mette ordine nella “Mitologia Famigliare”, quel tramandare, di generazione in generazione, storie e aneddoti sulle proprie origini. L’esperienza della bisnonna Venera, ricoverata in una “Casa della Salute” per dei sintomi che oggi mai verrebbero associati alla pazzia, è in realtà la storia di molte donne e figure che, diventate scomode per la reputazione famigliare o il regime fascista, venivano comodamente tacciate di problemi psichici e ricoverate lontane dagli occhi e dai pettegolezzi. 

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L’intervista

Chiara Saibene – Innanzitutto la ringraziamo per aver accettato di rilasciare questa intervista. Può raccontarci come si è avvicinata al mondo della scrittura e cosa l’ha portata alla pubblicazione del suo primo romanzo? 

Nadia Terranova – Ho pubblicato i miei primi racconti intorno ai trent’anni, da uno di quelli sentivo che c’era qualcosa in più, anche alcuni lettori della rivista su cui era uscito mi scrissero entusiasti, volevano che quella storia continuasse. Così ho preso coraggio e mi sono dedicata alla stesura del mio primo romanzo, Gli anni al contrario.

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Cosa l’ha spinta, invece, a sviscerare una storia così personale in Quello che so di te? 

Credo che quando si ha la sensazione che una storia che ci riguarda sia universale, sia compito di ogni scrittore ascoltare quella chiamata.

La “follia”, soprattutto in passato, era un’etichetta comoda che si applicava ai casi più disparati e veniva spesso utilizzata per allontanare una “vergogna” dagli occhi della società. Quale realtà sui manicomi, sulla “follia”, è emersa durante la stesura del suo romanzo? 

Tante verità diverse. A volte c’era un reale interesse di cura. Altre volte la follia era un’etichetta per confinare e reprimere.

La donna degli anni Venti, complice anche la propaganda fascista, era innanzitutto madre e custode del focolare. Coloro che non rientravano in questa categoria erano “diverse”. Secondo lei, quanto di questo retaggio è rimasto nella cultura di oggi? 

Ci stiamo allontanando ed è un bene, ma ovviamente il rischio delle etichette rimane.

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Il romanzo riflette molto sul concetto di “madre”, sui ruoli che vi vengono automaticamente attribuiti, sulle responsabilità e sulle aspettative. Il Capitolo 2 lo spiega chiaramente: «La parola che definisce il ruolo è già pronta per noi dopo un parto, un matrimonio o un lutto: madre, moglie, vedova, orfana. La nostra definizione ci precede, spesso per sbarrarci la strada.» Come ci si può districare tra il ruolo di “madre” e l’identità di “donna”? 

Accettando la complessità, quindi anche la bellezza, di quello che Virginia Woolf definisce uno strange power, uno strano potere.

Si può dire che la “Mitologia famigliare” sia un vero e proprio personaggio, che agisce e pensa autonomamente. È vero che la famiglia può riscrivere la propria narrazione per nascondere delle vergogne ed esaltare delle virtù? 

Magari a volte lo fa anche amorevolmente, per proteggere. Le storie si riscrivono infinite volte.

«Noi qui amiamo per sempre, odiamo per sempre, ci adiriamo eccessivamente, ma senza separarci del tutto dalla nostra rabbia, è troppo intima, troppo nostra per disfarcene: si trasforma in un organo, in un arto. I siciliani non litigano, si offendono.» Quanto, di questo «mondo di accuse, ricordi, rancori e vendette immaginarie», influisce sull’identità e sulla narrazione della Mitologia famigliare? 

Tanto, i siciliani sono orgogliosi fino al midollo. E sono gelosi delle loro storie.

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Come è stato scrivere e fare ricerche su una vicenda famigliare così personale?

Interessante, spericolato, contraddittorio, tumultuoso.

Cosa ha ricavato da questa esperienza? L’eredità famigliare si è effettivamente spezzata?

L’eredità è un complesso di voci, di appartenenze, di marchi: qualcosa si salva, qualcosa va in frantumi, sempre.

Ha già qualche nuovo progetto per il futuro? 

Per il momento mi sto facendo un grande regalo che nell’ultimo anno di scrittura non ho potuto concedermi: tanto, tantissimo tempo per leggere.

Ed è tempo di aggiungere questo romanzo alla lista dei libri da leggere nel 2025. Quello che so di te è disponibile in libreria e nei maggiori store online come Amazon e Feltrinelli.

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