Rosa Genoni

Personalità sfaccettata e grande combattente per i diritti delle donne, Rosa Genoni è stata una stilista, insegnante e attivista italiana, che ha cercato di promuovere un cambiamento nella condizione femminile tramite la moda e i costumi.

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Il mondo del vestiario

Primogenita di una numerosissima prole di diciotto figli, Rosa Angela Caterina Genoni nacque il 16 giugno 1867 a Tirano, una cittadina in provincia di Sondrio, figlia del calzolaio Luigi Genoni e della sarta Margherita Pini. In una famiglia così numerosa, tutti erano tenuti a contribuire, come potevano, a portare un po’ di soldi in casa. Rosa, all’età di appena dieci anni, tramite l’intercessione di una zia venne mandata a Milano a lavorare come piscinina: una figura di apprendista tuttofare all’interno di una sartoria. Nonostante il lavoro in sartoria, Rosa riesce a concludere la terza elementare e, in seguito, a iscriversi a dei corsi serali grazie ai quali acquisisce un po’ di francese.

Il francese si sarebbe rivelato molto utile nella vita di Rosa. Non solo la ragazza sognava, un giorno, di poter raggiungere Parigi, la capitale mondiale della moda, ma la sua conoscenza della lingua straniera attirò l’attenzione del Partito Operaio Italiano, che la scelse come sua portavoce per recarsi proprio a Parigi nel 1884 e partecipare a un convegno internazionale dedicato alle condizioni di lavoro degli operai. Il viaggio a Parigi ebbe una duplice influenza sulla giovane: da un lato l’avvicinò intellettualmente ai circoli socialisti, dall’altra le permise di soggiornare nella capitale francese per qualche mese e imparare nuove tecniche sartoriali. Forte dell’esperienza parigina, quando tornò in Italia nel 1885 venne assunta come capo sarta nell’atelier Dall’Oro. Seguirono un’altra esperienza sartoriale, a Nizza, e poi nuovamente a Milano presso la sartoria Bellotti.

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Moda italiana e diritti dei lavoratori

Furono anni di fermento per la giovane sarta, che man mano che acquisiva esperienza e risparmiava denaro, migliorava le proprie condizioni di vita e si interessava sempre di più anche alle condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici. I soldi guadagnati le permisero di far venire anche la sua famiglia a Milano e di aiutare alcuni dei suoi fratelli a emigrare in Australia, dove suo fratello Emilio si era già trasferito da un po’. Si avvicinò alle idee e al circolo di Anna Kuliscioff, una delle fondatrici del Partito Socialista Italiano, e si iscrisse alla Lega Promotrice degli Interessi Femminili. Nel 1893 partecipò, insieme alla giornalista Anna Maria Mozzoni, al congresso socialista a Zurigo. 

Il 1895 fu per lei un anno di svolta a livello professionale: venne assunta dalla prestigiosa casa di moda H. Haardt et Fils, una delle due case più prestigiose di Milano e diretta concorrente della sartoria Ventura, la fornitrice ufficiale della famiglia reale italiana. L’esperienza alla H. Haardt et Fils le permise di aprire un nuovo scenario sulla moda italiana: Rosa Genoni fu la prima a concepire dei modelli “italiani”, introducendo dei bozzetti nuovi in un panorama dominato dalla moda francese. Infatti, la prassi tendeva a copiare i modelli parigini o a comprare direttamente i capi dalle sartorie francesi per rivenderli in Italia; la stilista italiana, invece, ispirandosi all’arte classica e rinascimentale, disegnò delle collezioni proprie che poi offrì alle clienti della sartoria come “modelli speciali” e non “importati dalla Francia”. 

Innovazione e libertà

Con il nuovo secolo giunsero forti venti di cambiamento. Rosa Genoni partecipò all’Esposizione di Milano del 1906 con le sue collezioni, vincendo il Gran Premio per la sezione Arte Decorativa; le venne affidato un corso di moda e sartoria presso una scuola professionale femminile di Milano; grazie alla sua figura di imprenditrice venne selezionata dalla Società Umanitaria per partecipare come delegata al Congresso Nazionale delle Donne Italiane.

Nei circoli socialisti e anche anarchici, che Rosa non smise di frequentare e che anzi la impegnarono sempre di più sul fronte dell’attivismo, la stilista conobbe, probabilmente alla fine del secolo, l’avvocato milanese Alfredo Podreider. I due si frequentarono per anni, in una relazione “libera” obbligata, in quanto la madre di Alfredo si opponeva strenuamente a delle eventuali nozze tra i due. La coppia ebbe comunque una figlia, Fanny, nel 1903, e si sarebbe alla fine sposata negli anni Venti.

L’impegno instancabile di Rosa Genoni per la promozione di una “moda italiana” non era solo a fini imprenditoriali: la stilista mirava a utilizzare la moda come mezzo di emancipazione femminile, per ritagliare alle donne uno spazio di creazione e crescita economica proprio in quell’ambito, il vestiario, in cui da sempre erano stare protagoniste. La moda era, per lei, uno strumento per dare voce alle lavoratrici. Infatti, scrisse numerosi articoli per il giornale fondato da Anna Kuliscioff, La difesa delle lavoratrici; promosse le pagine della rivista Vita d’Arte e contribuì a fondare un comitato di promozione della moda italiana, che diede una scossa all’industria italiana del tessile, svincolandola dal predominio francese.

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, Rosa Genoni si schierò con i pacifisti e i neutralisti, per poi unirsi alla Women’s International League for Peace and Freedom (WILPF), diventandone la delegata in territorio italiano. Nel dopoguerra, grazie all’appoggio di Alfredo, diventato nel frattempo suo marito, promosse l’avvio di un laboratorio di sartoria e di un asilo nido presso il braccio femminile del carcere San Vittore di Milano.

Con l’ascesa del fascismo, Rosa e Alfredo rifiutarono l’obbligo di tesseramento e decisero di ritirarsi dalla vita professionale, trasferendosi a Sanremo. Dopo la morte del marito e con l’ombra incombente della Seconda Guerra Mondiale, Rosa e la figlia Fanny si trasferirono a Varese, dove la stilista morì il 12 agosto 1954. Fino alla fine aveva scritto e predicato a favore della pace, scrivendo anche al mediatore dell’ONU, nel 1948, per affrontare la questione palestinese. La sua opera Per una moda italiana: modelli saggi schizzi di abbigliamento femminile: 1906-1909 è la testimonianza della sua visione artistica, ispirata alla storia e all’arte italiana.

A cura di Chiara Saibene.