Gerda Taro

Fotografa e antifascista, Gerta Pohorylle nota professionalmente come Gerda Taro è stata la prima fotoreporter a morire durante il suo lavoro, durante la documentazione della Guerra civile spagnola.

Gli anni bui

Gerta Pohorylle nacque il 1° agosto 1910 a Stoccarda in una famiglia ebrea della classe media. Studiò in un liceo in Germania e poi, per un anno, in Svizzera, prima di iscriversi a un business college. Durante gli anni Venti, la situazione in Germania stava diventando sempre più dura per le famiglie ebree, vittime della crescente propaganda nazista e antisemita portata avanti dal nascente partito di Hitler. Percependo il pericolo, la famiglia si trasferì a Lipsia nel 1929, e da lì la giovane Gerta si interessò ai partiti politici di sinistra che cercavano di rallentare l’ascesa al potere del nazifascismo. A causa del suo coinvolgimento con partiti politici avversari, quando i nazisti salirono al governo nel 1933, Gerta venne arrestata e imprigionata con l’accusa di aver distribuito propaganda nemica. Quando finalmente venne rilasciata, lei e la sua famiglia decisero di lasciare la Germania, giusto in tempo: Gerta, ora ventitreenne, si recò a Parigi; i suoi genitori si diressero verso la Palestina, mentre i suoi fratelli andarono in Inghilterra. Gerta Pohorylle non rivide più la sua famiglia.

Robert Capa

Giunta a Parigi, Gerta incontrò il fotoreporter ebreo di origini ungheresi Endre Friedmann, e si innamorò di lui sia professionalmente che personalmente. Da Endre Gerta imparò tutto il necessario su fotografia e reportage e ne divenne l’assistente personale. In questo modo riuscì ad accreditarsi come fotoreporter e a ottenere un permesso di residenza per rimanere in Francia, dal momento che in quegli anni il governo francese era molto severo nel concedere permessi di residenza e solo alcune categorie professionali, come i fotoreporter, riuscivano a ottenerli. Dopo aver lavorato per circa un anno come editor fotografica presso l’agenzia della fotografa Maria Eisner, nel febbraio 1936 Gerta Pohorylle ottenne ufficialmente la sua certificazione come fotoreporter, rilasciata dall’Agenzia di stampa ABC di Amsterdam.  

Anche in Francia, tuttavia, stava crescendo l’antisemitismo e si sentivano le pressioni di un conflitto imminente. Gerta ed Endre, per proteggersi e nascondere il proprio nome dal suono troppo ebreo, decisero di inventare un fotografo fittizio, di nome Robert Capa: un nome, al contrario, di stampo più internazionale e decisamente americano. Gerta si finse l’agente dell’inesistente Robert Capa per tentare di vendere le fotografie scattate da lei ed Endre a un prezzo più alto.  Non riuscirono però a ingannare Maria Eisner, che conosceva troppo bene il loro stile, e che perciò offrì loro una tariffa più bassa promettendo però un flusso di lavoro relativamente costante. 

Da quel momento, Gerta ed Endre, ormai una squadra nella vita e nel lavoro, vendettero le loro fotografie firmandole come “Robert Capa” che, tecnicamente, si presentava come un fotografo americano; si concentrarono soprattutto sul documentare l’ascesa del Fronte popolare in Francia. “Capa” derivava dall’ungherese “Cápa”, che significava “squalo”. I due fotografi non riuscirono a mantenere il segreto troppo a lungo, e quando le loro identità vennero svelate, decisero di “dividere” il proprio lavoro e prendersi ciascuno il proprio credito: Endre continuò a lavorare e a firmarsi come Robert Capa, mentre Gerta assunse lo pseudonimo professionale di Gerda Taro, ispirandosi, pare, al nome dell’attrice Greta Garbo e a quello dell’artista giapponese Tarō Okamoto. 

La Guerra civile spagnola

Con lo scoppio della Guerra civile spagnola nel 1936, Gerta Pohorylle, ora Gerda Taro, si trasferì a Barcellona insieme a Endre/Robert e al fotoreporter polacco David Seymour. La coppia Gerda-Robert seguì da vicino le vicende alla guerra, spostandosi insieme al fronte prima in Aragona e poi nella provincia di Córdoba. Di nuovo, pubblicarono insieme i loro scatti firmandoli comunemente come “Robert Capa”, anche se a posteriori si potevano distinguere i loro lavori perché Gerta utilizzava una fotocamera Rollei mentre Endre prediligeva una Leica o Contax. Le fotografie di Robert Capa raggiunsero importanti testate internazionali, come lo Zürcher Illustrierte in Svizzera e il settimanale Vu in Francia. 

Nel 1937, i rapporti tra i due cambiarono. Gerta rifiutò la proposta di matrimonio di Endre e da quel momento iniziò a firmare i suoi lavori con il proprio pseudonimo, avvicinandosi nel frattempo a circoli di intellettuali notoriamente antifascisti, dove militavano nomi come George Orwell ed Ernest Hemingway. Le sue fotografie acquisirono sempre maggiore risonanza nel corso dell’anno. Il quotidiano francese Ce soir iniziò a comprare i suoi scatti, e in seguito molte altre pubblicazioni di fama, come Life e Illustrated London News fecero uso dei suoi lavori.

Le sue fotografie del bombardamento di Valencia sono tra i suoi lavori più famosi, così come i suoi scatti della regione di Brunete, unici testimoni dell’andamento della guerriglia repubblicana contro i nazionalisti. Fu proprio durante la Battaglia di Brunete nel luglio 1937, durante la quale le forze repubblicane furono costrette a una rovinosa ritirata, che la fotografa ebbe un terribile incidente che ne causò la morte. Mentre stava scappando aggrappata alla vettura del generale polacco soprannominato “Walter”, il convoglio in fuga venne mitragliato da aerei tedeschi e la fotografa perse la presa, cadendo a terra e finendo sotto i cingoli di un carro armato.

Gerda Taro morì in ospedale per le ferite riportare il 26 luglio 1937. Sebbene alcuni colleghi giornalisti abbiano messo in dubbio le circostanze della sua morte, queste ultime sono state confermate da alcuni testimoni oculari. Essendosi affermata come rispettata antifascista, il 1° agosto 1937, data in cui la fotografa avrebbe dovuto compiere 27 anni, il Partito comunista francese organizzò per lei un grande funerale a Parigi, a cui parteciparono migliaia di persone. Nel 2007, il Centro internazionale per la fotografia a New York ha inaugurato la prima grande esposizione delle fotografie di Gerda Taro; alla fotografa è stata anche dedicato un romanzo-biografia, firmato da Helena Janeczek e vincitore, tra gli altri, del Premio Strega.

A cura di Chiara.