La morte dipinta è un romanzo scritto da Lisa Laffi e pubblicato nel 2024. Si tratta di un libro rientrante nel genere giallo/mistery e pone al centro della scena l’arte che diventa la grande protagonista in relazione a terribili delitti che si sono succeduti tra passato e presente. La storia è avvincente e racconta la vita di Artemisia Gentileschi, trentaquattrenne direttrice del museo Poldi Pezzoli di Milano. Tra passato e presente vengono ripercorsi eventi dolorosi della vita della giovane donna che è costretta a tornare negli Stati Uniti per porre fine ai terribili delitti che sconvolgono la sua vita. Il finale del libro è così ad effetto al punto da lasciare i lettori senza parole.

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L’intervista

Arstorica – Buongiorno Lisa, piacere di conoscerla. Com’è nata l’idea di un romanzo come “La morte  dipinta”? È stato difficile pensare e ideare la storia?

Lisa Laffi – Scrivo da anni romanzi storici, ma adoro i thriller e sentivo il bisogno di mettermi alla prova, creandone uno. L’idea era di avere due personaggi in carne e ossa e una co-protagonista, la pittura, in grado di aiutare i protagonisti e i lettori nella risoluzione dell’enigma. Per capire l’identità di chi dà vita a crimini orrendi pensando agli omicidi come a delle opere d’arte, bisogna analizzare tutti gli elementi presenti nel romanzo, i quadri in primis. Ideare la storia non è stato facile, ma quello che mi ha fatto sudare sette camicie è stato soprattutto il finale, perché tutti i “fili dell’arazzo” dovevano riannodarsi, pena la delusione del lettore.

Al centro del romanzo l’arte è la protagonista assoluta. Com’è riuscita a costruire un giallo/mystery ponendola al centro della scena?

Ho attinto alla grande produzione dei nostri pittori del XVI e XVII secolo, come Botticelli, Caravaggio e Artemisia Gentileschi e ho scelto quadri con personaggi simbolici, che potessero essere latori di uno dei grandi messaggi del romanzo: “analizza la realtà con attenzione, le cose spesso non sono quello che appaiono”. Nella vita bisogna scavare e andare in profondità per trovare la verità.

La storia è ambientata nel presente ma per ricordare degli eventi precedenti vengono fatti dei salti temporali. Com’è riuscita ad alternare presente e passato?

«Non è stato facile, ma lo ritenevo doveroso, perché ciascuno di noi è ciò che è per via del suo passato e del suo background. Sono laureata in Conservazione dei Beni Culturali, ho svolto alcuni scavi archeologici e ho fatto per alcuni anni la guida turistica, quindi ho sempre dato grande importanza al passato, che cerco di far rivivere nei miei romanzi storici e di non dimenticare nei thriller.

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Artemisia Gentileschi è la direttrice del Museo Poldi Pezzoli di Milano da poco tempo. Ha 34 anni ma dei terribili eventi hanno già segnato la sua vita. Come ha sviluppato questo aspetto psicologico del personaggio e quale importanza riveste nella narrazione?

Ciò che Artemisia ha vissuto a sedici anni è fondamentale nella narrazione. Non solo l’evento drammatico in sé, ma anche i successivi interrogatori, perché da molti non fu totalmente creduta. Ho cercato di creare un parallelismo, che spero molti lettori possano cogliere, tra il vissuto dell’Artemisia Gentileschi protagonista de “La morte dipinta” e quello della famosa pittrice seicentesca. Anche lei visse un’esperienza drammatica, nel suo caso uno stupro, e venne creduta solo quando si sottopose alla dolorosissima tortura dei sibilli. Entrambe le donne crebbero vicine a un padre che seppe riconoscerne i talenti, ma non proteggere fino in fondo.

Nel romanzo, l’assassino ricrea scene ispirate a capolavori artistici, come ad esempio “La Calunnia” di Botticelli, “Il Narciso” del Caravaggio. Com’è riuscita a ricostruire queste scene?

Ho cercato di fornire ai lettori dei dettagli dei quadri, senza però scadere nella descrizione didascalica. Uno dei miei obiettivi è che chi legge possa sviluppare la curiosità di andare a vedere le opere o approfondire certe figure storiche. Ci sono dei lettori che mi hanno scritto di essere andati a visitare il Poldi Pezzoli dopo aver letto il romanzo. Non c’è gratificazione più grande.

Altro aspetto importante che viene approfondito è il rapporto padre/figlia. Ci parla un po’ del legame tra Artemisia e suo padre Pete e del perché la giovane non ha mai dubitato dell’innocenza di suo padre?

Pete è un personaggio controverso. Professore di storia dell’arte all’Università di Philadelphia, è riuscito a infondere nella figlia la stessa passione, ma a prima vista sembra essere un uomo freddo, più a suo agio nel suo ufficio che con la sua famiglia. In realtà, Artemisia si rivela sinceramente affezionata a questo uomo particolare e non dubita mai della sua innocenza, anche quando tutto e tutti sembrano suggerirle il contrario.

Artemisia, nota nel romanzo anche come Art, è talmente bella da far innamorare sia Mark, il suo amico di una vita, sia Sebastian Garcia, celebre fotografo basco. Questi due personaggi si mostrano, nel corso della storia, con tutte le loro fragilità. Ce li descrive un po’?

Artemisia è diventata direttrice del famoso museo milanese Poldi Pezzoli ad appena 34 anni. Sembra una donna realizzata e sicura di sé, ma in realtà è sola e nasconde segreti e fragilità, lasciti di un passato che vuole dimenticare. La sua è una bellezza particolare, che nasconde sotto maglioni larghi e che non vuole mostrare, memore delle conseguenze che ha avuto per sua madre.

Sebastian Garcia è un fotografo basco che vuole realizzare una campagna fotografica al Poldi Pezzoli, convinto che la Dama del Pollaiolo, la Madonna del Libro di Botticelli e le altre opere possano rivivere nei volti delle sue modelle. Anche lui ha un grande scheletro nell’armadio, di cui però non parlerò molto per non rovinare la sorpresa ai lettori.

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Quale scena de “La morte dipinta” le piace particolarmente?

Impossibile sceglierne una. Sarebbe come per una madre indicare il figlio più amato.

Il romanzo è così avvincente che si legge tutto d’un fiato per scoprire l’identità dell’assassino, lasciando il lettore a bocca aperta. Cosa l’ha spinta a scegliere proprio la persona più insospettabile come colpevole?

Ammiro molto Agatha Christie e il mio sogno era quello di scrivere un giallo come i suoi. Lei mette i lettori in condizione di identificare l’assassino prima della fine, anche se è spesso estremamente difficile, e a volte costruisce addirittura “gialli a scatola chiusa” in cui i personaggi non possono entrare o uscire e quindi il lettore ha la garanzia che l’assassino è tra loro fin dal principio. Io non mi sono spinta così in alto, ma penso di aver dato ai lettori tutti gli elementi per arrivare alla soluzione finale prima di Artemisia Gentileschi o prima dell’ultimo delitto.

Se non siamo indiscreti, sta già lavorando al suo prossimo romanzo?

Sì, sto lavorando su un romanzo che consegnerò alla mia casa editrice il 31 marzo. Si tratta di un romanzo storico, ma non escludo di tornare al giallo un giorno.