Chiara Fronterrè è un’artista che, dopo aver studiato in giro per l’Italia e all’estero, ha deciso di tornare in Sicilia, facendo diventare l’amore  per la sua terra e la fragilità il fulcro della sua ricerca artistica.  Nata tra i colori e le tradizioni della Sicilia, ha fatto sì che i paesaggi di Marzamemi e Capo Passero diventassero per lei fonte inesauribile di ispirazione, tenendo ben saldo il legame tra memoria e rinascita. La sua tecnica è basata sull’utilizzo della carta, pigmento e grafite allo scopo di rappresentare la resilienza attraverso la delicatezza. Fondatrice di progetti come “Malafabbrica” e “Studioblu81”, invita il pubblico in un viaggio che intreccia territorio, arte e comunità.

Diritti di copyright di Chiara Fronterrè

L’intervista

Arstorica – Buongiorno Chiara, piacere di conoscerla! Ci parli un po’ di lei. Quando ha iniziato a capire che l’arte sarebbe stata al centro della sua vita?

Chiara Fronterré – Ho percepito molto presto l’amore che provavo per l’arte, da piccolissima guardavo mio fratello disegnare (che sarebbe poi diventato uno stilista), e trascorrevo il tempo a ricopiare i suoi disegni. Mentre gli altri bimbi ambivano a bambole o abiti nuovi, il mio desiderio era comprare colori e carta in una piccola cartolibreria di provincia, finché ho deciso di lasciare la mia isola e proseguire gli studi in giro per l’Italia e all’estero.

Indagando a fondo sulla sua arte, essa sembra profondamente radicata nei paesaggi e nella cultura siciliana. Quanto hanno influito le sue origini e il suo legame con Marzamemi sul suo percorso artistico?

Le mie origini sono state e rimarranno sempre la motivazione principale che mi ha spinta a trovare nel linguaggio artistico l’unico mezzo per raccontare e comunicare una terra che per me è stata sempre profondo amore e dolore. Marzamemi e l’isola di Capo Passero, dove ho vissuto la mia prima infanzia, sono luoghi di vita, di ricordo, di ritorno e di futuro.

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La tecnica artistica che adotta è unica: l’uso di carta, pigmento, inchiostro e grafite. Come ha sviluppato questo approccio e cosa vuole comunicare al suo pubblico attraverso questi materiali?

Durante gli anni dell’accademia delle belle arti di Napoli ho esplorato il mondo degli artisti materici, come Fontana e Tapies, sperimentando tecniche con gesso, vernici e stoffe finché non ho scoperto le innumerevoli proprietà della carta. Con l’acqua, il pigmento e l’inchiostro, senza utilizzare i pennelli, ma tingendo e modellandola direttamente, sono diventati il “medium” adatto a rappresentare, con la loro fragilità, la resistenza alla solitudine, alla memoria, al ricordo. Materiali fragili che rappresentano la forza di un paesaggio naturale o interiore.

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L’agave è un simbolo molto presente nel suo lavoro. Ci spiega i motivi per cui ha scelto questa pianta e se dietro la sua scelta vi siano significati personali o culturali?

Nelle ultime due serie che ho realizzato tra il 2022 e il 2024, l’Agave diventa presenza fondamentale. Una pianta che in Sicilia cresce spesso spontaneamente senza tener conto dell’ostilità della terra. Nella mia visione diventa emblema di resistenza, di rinascita e nuovi inizi. Tra le sue peculiarità arriva a sopravvivere anche oltre vent’anni e quando sarà matura fiorirà una sola volta per poi morire: da lì nasceranno nuove piante. Con l’agave ho creato un legame poetico narrato anche nel mio ultimo lavoro “Mediterranea”.

Nel 2013 ha fondato la “Malafabbrica” e ha organizzato “TonnArte”. Quali sono stati gli obiettivi legati a questi progetti?

Dopo aver vissuto in diverse città italiane e all’estero, sono tornata nella mia terra. Nel 2013 ho sentito il bisogno di dare vita ad un progetto che coinvolgesse altri artisti e mettesse al centro uno dei luoghi più importanti per tutto il sudest siciliano, in cui ho affondato le mie radici: la tonnara di Marzamemi. Così è nata la “Malafabbrica”, che ha dato la possibilità a tanti artisti di raccontare la contemporaneità, i suoi aspetti più complicati e quelli più straordinari, uno scorcio d’arte contemporanea in un luogo intriso di memoria, un progetto sicuramente nato e condiviso con e per la comunità.

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È stato difficile promuovere l’arte nel territorio siciliano? Se si, ci spiega perché?

Ritengo non sia una questione territoriale, ma una questione culturale che affligge un po’ tutta la Nazione. L’arte viene vista come un bel locale alla moda in cui pochi hanno accesso. Le difficoltà comunque non sono mancate: sono pur sempre una donna che vuole affermare il proprio essere in un piccolo centro, dove però ho trovato anche una comunità incuriosita, interessata e tanto sostegno.

Ci parli del progetto Studioblu81. Qual è la visione a lungo termine per questo spazio e come intende coinvolgere la comunità artistica e locale?

Studioblu81 nasce nel cuore di uno dei borghi più a sud d’Italia: Marzamemi. È stato per diverso tempo un’idea, un’intuizione, un progetto in un polveroso cassetto, finché ho trovato il coraggio di realizzarlo. Una sorta di esperimento, non solo uno studio d’artista visitabile al pubblico ma, piuttosto, un vero e proprio rifugio creativo che propone dialoghi e connessioni con altri artisti, uno scambio reciproco e continuo con il territorio.

”Land-Escape” è una personale che evoca l’idea di fuga dalla terra e memoria stratificata. Qual è il messaggio principale che vuole trasmettere attraverso questa esposizione?

“Land-escape” è la mostra che rappresenta un cambio di direzione: fino ad allora avevo raccontato per lo più tutto il mio mondo legato all’acqua con la serie “Isole” e “Divers”. Nel gioco di parole land-escape, lembi di terra che riemergono evanescenti e aprono il racconto alla memoria (da qui la sensazione di allontanarsi) ai sogni, all’indefinito, alle ombre. Addentrarsi nel paesaggio naturale, sociale, personale e collettivo.

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Nelle sue opere affronta il tema della resistenza attraverso le fragilità. Ci vuole parlare di questo aspetto?

Rappresentare il potere della resilienza è da sempre assioma della mia ricerca artistica. Le mie opere si trasformano in un viaggio visivo in cui ci si interroga e si celebra il concetto stesso della resistenza, partendo dalle fragilità come punto di forza. Una riflessione sulla capacità dell’arte e dell’umanità di persistere, adattarsi e trovare bellezza in un mondo in costante mutamento.

Se non siamo indiscreti, che progetti ha per il futuro?

Nell’immediato futuro sento la necessità di realizzare qualche idea rimasta nel cassetto, legata alla nascita di studioblu81. Creare rete con altre realtà come la mia sarà un punto fondamentale e, a tal proposito, ho in programma una collaborazione con foroGgallery di Roberta Guarnera. Spero sia l’inizio di nuove scintille e collaborazioni sempre più diffuse in una terra che quotidianamente ci regala bellezza. Vorrei poterla contraccambiare.

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