La Segnatrice — Elena Magnani
Anna è una segnatrice. Una figura che si muove nel mistero, un dono che se usato male può diventare una maledizione. Anna può guarire tramite le erbe e l’uso di segni e simboli sul corpo del malato; potrebbe anche lanciare dei malocchi, ma come le donne della sua famiglia che tramandano quest’arte ben sanno, ogni male torna sempre indietro.
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È il 1944, però, e in piena guerra non sempre è possibile mantenersi puri e fare solo del bene. Ad Anna viene chiesto di infiltrarsi nel comando tedesco e fare la spia per i partigiani: è la cosa giusta da fare? E se la persona da spiare non fosse, infine, così spregevole? Con fatica e grandi turbamenti interiori, Anna cerca di equilibrare i suoi desideri e il suo senso di giustizia con quello che sente essere un dovere morale; la speranza con la rabbia, l’amore con l’odio.
Elena Magnani, genovese di nascita ma toscana d’adozione, vive da anni in Garfagnana, terra che le ha ispirato il suo romanzo d’esordio La Segnatrice, edito da Giunti (2022).
L’intervista
Chiara – Innanzitutto grazie mille per aver accettato di rispondere alle nostre domande. Può parlarci un po’ di sé?
Elena Magnani – Grazie a voi per questa opportunità. Sono una persona semplice, amo la natura, gli animali e trovo nei libri una fonte inesauribile di ispirazione e riflessione. Genova è la mia città d’origine, ma ho scelto di trasferirmi in Garfagnana. Qui, tra le montagne e il verde incontaminato, ho trovato il contesto ideale per esprimere me stessa e per ambientare il mio romanzo La Segnatrice.
Sono molto attiva nel volontariato, nell’ambito sanitario e nella protezione civile. Credo nell’importanza di aiutare gli altri in modo concreto, e dedicarmi a queste attività mi permette di fare la mia parte per la comunità. Sono convinta che i gesti, i fatti concreti, abbiano un valore molto più grande delle parole. È attraverso l’azione che possiamo fare la differenza. In un mondo che spesso corre troppo in fretta, trovo che tornare all’essenziale, al contatto umano e al supporto reciproco, sia un modo per dare un senso più profondo alla mia esistenza.
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Come si è avvicinata al mondo della scrittura?
Sin da bambina ho sempre amato inventare storie, creando mondi immaginari in cui potevo rifugiarmi e dare sfogo alla mia fantasia. Essendo una bambina molto timida, la scrittura era il mio modo per esprimere ciò che non riuscivo a dire ad alta voce, un luogo sicuro dove potevo sbizzarrirmi e lasciare libera corsa alla creatività.
Quando mio figlio è cresciuto e mi sono ritrovata a cercare un lavoro, senza successo, mi sono fermata a riflettere su ciò che mi aveva sempre resa felice da piccola. È stato in quel momento che ho riscoperto il mio amore per la scrittura e ho deciso di perseguirlo. Da lì è iniziato tutto. Ho pubblicato i miei primi tre romanzi con piccoli editori, un’esperienza preziosa che mi ha permesso di crescere come autrice.
Con il tempo, però, è nato in me il desiderio di fare un ulteriore passo avanti e raggiungere la grande editoria. Per questo motivo ho frequentato corsi di scrittura, per affinare le mie capacità e approfondire le tecniche narrative, consapevole che il dono della scrittura da solo non basta, è necessario anche impegno e formazione per migliorarsi costantemente.
Passiamo al suo esordio letterario, La Segnatrice: quel del “segnatore” sembra essere una figura molto nota, seppur misteriosa, della zona in cui vive. Può spiegarci più nel dettaglio chi sono i Segnatori?
I Segnatori sono figure che incarnano una tradizione antica radicata nelle pratiche di guarigione popolari delle nostre terre. Si tratta di guaritori che, attraverso l’uso di preghiere segrete e gesti simbolici, riescono a curare sia il fisico che la mente di persone e animali. Queste pratiche si tramandano oralmente, spesso di generazione in generazione, e sono avvolte da un alone di mistero perché le preghiere utilizzate non si possono pronunciare a voce alta se non quando il Segnatore, nella notte di Natale, fa il lascito, cioè tramanda questa pratica a un’altra persona. Non si tratta di magia o superstizione, ma di una forma di connessione profonda con la natura e con la tradizione. Nel romanzo ho voluto riportare alla luce questa figura quasi dimenticata, ma ancora viva in alcune aree d’Italia, per mostrare come antiche credenze possano ancora intrecciarsi con la vita quotidiana e avere un impatto potente, anche in un contesto drammatico come quello della guerra.
Anna, la protagonista, è una giovane che si avvicina a questa pratica attraverso la guida della zia, cercando di usare il dono della segnatura non solo per curare, ma anche per proteggere le persone a lei care in un momento di grande pericolo. La segnatura diventa per lei un’ancora di speranza, un modo per mantenere una forma di controllo su una realtà che, però, si rivelerà essere molto più grande di lei.
Qual è stata la prima volta che ha sentito parlare di questa figura e quando ha deciso di utilizzare una Segnatrice come protagonista del suo romanzo?
La prima volta che ho sentito parlare della figura del Segnatore è stato proprio qui, in Garfagnana, dove vivo. Nella nostra comunità, i Segnatori fanno parte della quotidianità, una presenza silenziosa. Sono figure che tutti conoscono e rispettano, ma il loro operato è circondato da un’aura di riservatezza e mistero. È affascinante come queste tradizioni si tramandino da generazioni, mantenendo un legame profondo con il passato.
Un’influenza importante l’ho ricevuta anche da mia nonna messinese che, pur non essendo definita Segnatrice, praticava una forma di segnatura, che quando ero una ragazzina mi ha tramandato.
La decisione di utilizzare una Segnatrice come protagonista del mio romanzo è nata dal desiderio di dare voce a queste figure, che rappresentano una saggezza e un legame con la terra e le radici culturali che mi hanno sempre affascinata. Volevo raccontare una storia in cui il potere delle tradizioni si intreccia con eventi storici drammatici, come quelli vissuti durante la Seconda guerra mondiale, mostrando come anche nei momenti più oscuri la speranza e la guarigione possano trovare spazio attraverso antichi saperi.
Ne La Segnatrice, centrale è l’eterno conflitto (ed equilibrio) tra bene e male: chi sono gli amici e i nemici, cosa è bene e cosa è giusto. Un conflitto che Anna sente particolarmente, soprattutto nel momento in cui è tentata di usare la sua arte per fare del male. È vero, come dice la zia di Anna, che il male torna sempre indietro?
Sì, nel romanzo la zia di Anna sostiene che “il male torna sempre indietro”, ed è una convinzione che riflette una saggezza antica e popolare, quella che conosce le leggi non scritte dell’universo, basata sull’equilibrio tra le forze. Per Anna, questo è un conflitto molto profondo. Lei si ritrova a un certo punto tentata di usare la sua arte per vendicarsi, per proteggere chi ama a ogni costo, ma sa che cedere a quell’impulso significherebbe tradire la natura stessa della segnatura, che è nata per il bene.
Il tema del bene e del male è centrale nella storia, e il confine tra i due è spesso sfumato. Anna si muove in un mondo dilaniato dalla guerra, dove amici e nemici si confondono, e anche le scelte più giuste possono avere conseguenze devastanti. Il male, in questo contesto, non è solo una forza esterna, ma anche una tentazione interna, qualcosa con cui Anna deve fare i conti. Il romanzo esplora proprio questo delicato equilibrio, mostrando come ogni azione abbia una conseguenza.
La saggezza della zia è una sorta di bussola morale per Anna, che la guida quando si trova a fronteggiare scelte difficili. E la storia dimostra, in fondo, che sì, il male compiuto finisce sempre per tornare, perché spezza quell’equilibrio naturale che regola non solo la vita dei singoli, ma anche quella della comunità.
E non è solo Anna a vivere conflitti interiori. Anche Giulia e tanti altri personaggi si trovano a dover scegliere tra salvare sé stessi o sostenere la Resistenza, tra la sopravvivenza e la morte. Sono tutte persone normali, travolte dalle circostanze della guerra. Il romanzo è ambientato in Italia durante l’occupazione nazista, ma si può dire che questo valga per tutte le guerre, è d’accordo?
Nel contesto dell’occupazione nazista, la Resistenza rappresentava una scelta di coraggio e ribellione contro l’oppressione, ma comportava anche un rischio enorme per chi decideva di abbracciarla o sostenerla, rendendo ogni decisione una questione di vita o di morte. Questa tensione tra il desiderio di sopravvivere e la spinta a fare ciò che è giusto è qualcosa che attraversa tutti i personaggi del romanzo. Anche Giulia, come Anna, si trova di fronte a questo dilemma: proteggere sé stessa e la sua famiglia o mettere in pericolo altri a lei cari?
Questo tipo di conflitto è tipico di tutte le guerre, non solo in quella vissuta in Italia durante l’occupazione nazista. In ogni guerra, chi ne è travolto è costretto a confrontarsi con il proprio senso di giustizia, con il peso delle proprie scelte, con la paura e il coraggio. I personaggi di questo romanzo sono persone comuni, non eroi, il che li rende ancora più umani e vicini a noi.
Anche il dilemma tra accettare il dono tramandato da generazioni o rifiutarlo per essere fedele ai desideri della madre è centrale nella vita di Anna. Eppure, la giovane è decisa a realizzare a tutti i costi il suo desiderio. Quanto è importante continuare a seguire i propri sogni anche se incontriamo continue resistenze da parte degli altri?
Il dilemma di Anna, tra accettare il dono tramandato da generazioni e rifiutarlo per seguire i desideri della madre, rappresenta una tensione profonda e universale. La sua scelta di accogliere il dono della segnatura, nonostante le aspettative familiari e le difficoltà imposte dalla guerra, riflette la sua forza nel voler realizzare il proprio sogno.
La storia di Anna ci insegna che il successo e la soddisfazione derivano dal rimanere fedeli a noi stessi e ai nostri desideri, nonostante le avversità. È un messaggio di resilienza e autenticità che, spero, possa ispirare chiunque si trovi a dover affrontare simili dilemmi.
Realizzare i propri desideri significa, più in generale, realizzare sé stessi e trovare un posto nel mondo? Come recita un passaggio del romanzo:
«Avrebbe scoperto negli anni che il dono della segnatura era un compagno invisibile, qualcosa che si nascondeva dentro di lei e che sarebbe stato al suo fianco nell’atto di segnare.
Durante i riti lo sentiva nitido accanto a sé, come una persona fatta di pelle e carne e ossa. Una presenza che le suggeriva cosa fare e cosa dire. Che le bisbigliava: puoi farcela, non sei sola, ora siamo in due a sconfiggere il male. E sentiva l’odore di cose ritrovate, invisibili alla vista ma che c’erano sempre state.»
Sì, realizzare i propri desideri è legato alla realizzazione di sé stessi e al trovare un posto nel mondo. Il passaggio del romanzo che citi esplora proprio questo concetto: il dono della segnatura per Anna non è solo una pratica o un talento, ma una parte integrante della sua identità. Per Anna, il dono della segnatura diventa una sorta di compagno invisibile, una presenza costante che la guida e le dona forza. Questo è emblematico del fatto che, quando siamo fedeli ai nostri sogni e alle nostre passioni, troviamo un senso di completezza e una connessione più profonda con noi stessi.
La sensazione di avere qualcosa che ci sostiene e ci guida nei momenti difficili, come descritto nel romanzo, è un riflesso di come il perseguimento dei propri desideri può portare a una consapevolezza più profonda e a un senso di appartenenza.
In definitiva, il viaggio verso la realizzazione dei propri desideri è anche un viaggio verso la scoperta di chi siamo veramente e del ruolo che giochiamo nella nostra vita e nella società.
Il rapporto tra Anna e Matthias apre una parentesi di amore e pace sullo sfondo violento della guerra e dell’occupazione. Secondo lei, la comunicazione e i rapporti umani potrebbero aiutare a evitare le violenze?
Il rapporto tra Anna e Matthias, immerso nella violenza e nel caos della guerra, dimostra proprio quanto la comunicazione e i rapporti umani possano creare spazi di comprensione anche nelle situazioni più ostili. Nel loro caso, ciò che all’inizio li divide, il fatto di appartenere a due fazioni nemiche, una Segnatrice e partigiana e un ufficiale tedesco, diventa poi il punto da cui nasce una connessione più profonda. Nonostante la guerra sembri schiacciare ogni possibilità di dialogo e di pace, l’incontro tra due esseri umani riesce a creare un momento di tregua.
Credo che la comunicazione e le relazioni personali abbiano il potenziale per evitare la violenza, o almeno per ridurla. Quando ci si apre al dialogo, si permette agli altri di essere visti non come nemici o avversari, ma come individui con storie, emozioni e vulnerabilità. Anna e Matthias non riescono a cambiare il corso della guerra, ma attraverso la loro relazione dimostrano che l’umanità può emergere anche nei contesti più duri.
Proprio quest’anno ha pubblicato un nuovo romanzo Mare avvelenato. Ce ne vuole parlare?
Mare avvelenato è una saga familiare ambientata nella Messina del 1908, alla vigilia del devastante terremoto. Al centro della storia c’è la famiglia Mazzeo, e in particolare Tomaso, un giovane segnato da un destino oscuro. Fin dalla nascita, Tomaso è stato marchiato dalla levatrice come spirito tintu, uno spirito malvagio e fascinatore, dotato di un potere inquietante: la capacità di soggiogare chiunque al proprio volere.
Tomaso non è solo vittima di questa credenza popolare, ma anche delle tragedie che hanno colpito la sua famiglia. Dopo la perdita della ricchezza e del prestigio che un tempo caratterizzavano i Mazzeo, il giovane si trova disposto a tutto pur di riconquistare ciò che sente di aver ingiustamente perduto. Il suo desiderio di potere e ricchezza lo spinge verso la strada del crimine, convinto che sia l’unico modo per ridare dignità alla sua famiglia. Tuttavia, Tomaso non è solo un uomo spinto dalla sete di rivalsa: dietro il suo animo inquieto si nasconde un giovane che desidera amore, comprensione e una possibilità di redenzione.
Petra, invece, è una giovane donna che incarna ideali diversi. Educata e con una visione progressista, Petra sogna di portare a Messina gli innovativi insegnamenti di Maria Montessori, desiderando migliorare la vita dei bambini e delle famiglie attraverso l’istruzione e l’educazione. Il suo sogno rappresenta una luce di speranza in una società ancora intrappolata in vecchi pregiudizi e tradizioni, dove la condizione femminile è limitata e la povertà dilaga. Petra è una donna forte e determinata, con un profondo senso di giustizia e una visione chiara del futuro che desidera costruire.
Quando i destini di Tomaso e Petra si incrociano, il loro incontro sembra quasi inverosimile: lui, un giovane tormentato e segnato dal passato, lei, una donna ambiziosa e idealista che guarda al futuro. Eppure, tra loro nasce un sentimento intenso, un amore che sfida non solo le barriere sociali, ma anche le ombre oscure che avvolgono Tomaso.
Ma proprio mentre il loro amore inizia a sbocciare, il terremoto sconvolge tutto e tutti.
La Segnatrice e Mare avvelenato sono disponibili sui maggiori store online e sul sito web della casa editrice Giunti. L’autrice Elena Magnani offre anche servizi editoriali, consultabili sul suo sito web https://www.elenamagnani.com/.
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