L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre è un libro di Marilù Oliva che coinvolge il lettore sin dalle prime pagine. Quelle che emergono nel romanzo sono le donne: Calipso che cerca in tutti i modi di tenersi Ulisse tutto per sé; Atena che protegge l’eroe greco dandogli preziosi consigli nel corso del suo tormentato viaggio; Circe – alter ego femminile di Ulisse – che prima tenta di soggiogarlo con le sue armi magiche e poi, quando capisce di non riuscirci, decide di diventare sua alleata; Penelope, donna di grande saggezza e astuzia come il marito che decide di aspettarlo preservando il trono dai Proci; Euriclea, nutrice di Odisseo, che si rivelerà un personaggio prezioso alla pari di tutti gli altri. Una storia che pone al centro le donne, di cui la scrittrice fa sentire la voce in maniera forte e distinta.

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L’intervista

Arstorica – Nel suo libro “L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre” racconta l’Odissea attraverso le protagoniste femminili del poema. Qual era il suo progetto?

Marilù Oliva – L’Odissea è un libro dove le donne hanno un ruolo speciale, soprattutto se pensiamo al periodo in cui fu cantato il poema (il Medioevo Ellenico), quindi il mio lavoro non è stato di riscrittura ma di incisione: come uno scalpellino scava il marmo, io ho semplicemente cercato di farle emergere dalla materia epica. Ma loro erano già lì, pronte ad essere ascoltate, ciascuna con la propria forza e il proprio carattere: la frivola Calipso che si vuole tenere stretto Ulisse come se lui fosse il suo toy-boy, la multiforme Atena che veglia sull’eroe e lo consiglia, Circe che, per non farsi mettere i piedi in testa dagli uomini, tenta di sopraffarli, Penelope che è figura femminile speculare al marito, in quanto astuta e saggia come lui. Sono tutte grandi donne, incluse una schiava, la nutrice Euriclea, abituata a stare sullo sfondo, eppure anche lei si rivelerà preziosa. Senza di loro l’eroe sarebbe perso – o almeno avrebbe perduto la patria, conservata con pazienza dalla moglie per vent’anni. Insomma, come ho scritto in quarta di copertina: “Se tutte le donne incontrate non gli avessero teso una mano, Odisseo – forse – sarebbe ancora in viaggio”.

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Come avremmo modo di vedere nell’Odissea la figura femminile cambia rispetto all’altro grande poema omerico, l’Iliade. Nell’Odissea, infatti, i personaggi femminili riescono ad essere più autonomi perché sono anche in grado di governare gli spazi che si sono ritagliati. Ad esempio Penelope riesce a mantenere il controllo di Itaca per vent’anni resistendo ai Proci.

Penelope rappresenta non solo la fedeltà al marito (eppure esistono varianti interessanti, una sostiene addirittura che, durante l’assenza di Ulisse, lei si fosse concessa al dio Ermes e con lui avesse concepito Pan), ma anche la tenacia di tutte le donne che combattono per tutelare la famiglia e il loro spazio. È l’unica donna che tiene testa a uno stuolo di pretendenti, preservando non solo il trono del consorte, ma anche la propria felicità.

Il punto di vista femminile nel suo libro è differente da donna a donna, ma l’elemento che le accomuna tutte è senz’altro l’amore per Ulisse. Com’è riuscita ad approfondire il tema dell’amore nelle sue varie sfaccettature: dall’amore per la conoscenza all’amore passionale fino a descrivere anche l’amore per le proprie radici?

Difficile non innamorarsi di Ulisse. Approfondendo la sua figura, proprio in funzione di questo retelling, ho riscoperto le sue fragilità, la sua grandezza, la sua intelligenza, la sua immensa pazienza, il suo attaccamento alla condizione umana, il sincero rispetto per gli altri. Oltre al conosciuto polimorfismo, che lo caratterizza: il talento di mutare a seconda delle circostanze e delle necessità. Tutte queste doti non potevano non affascinarmi.

Molto interessante è il personaggio di Circe attraverso le pagine del suo libro. Infatti è una donna molto astuta, una sorta di alter ego femminile di Ulisse. È dotata di sapienza e quando si rende conto che le sue armi magiche con l’eroe omerico non funzionano, decide di farselo amico. Cosa ne pensa del personaggio di Circe? Ce lo vuole descrivere?

Circe è depositaria dell’arte sapienziale erboristica, sa usare la magia, domina uno spazio da padrona assoluta: situazione inedita per l’età antica. In passato rappresentava i pericoli in cui i naviganti potevano imbattersi, nel mio romanzo è una donna potente e temibile per le sue pozioni, una divinità che utilizza l’attacco come potenziale difesa. Per questo trasforma gli uomini in bestie. In una società in cui alle donne venivano lasciate ben poche possibilità, Circe può considerarsi come una sorta di femminista ante litteram. E comunque, come lei giustamente rileva, diventerà anche lei alleata di Ulisse.

Tutte le principali donne del poema omerico mostrano la loro voce nel suo libro. Le sarebbe piaciuto approfondire il punto di vista anche di qualche altro personaggio femminile del poema oppure no?

L’unica che mi è un po’ dispiaciuto lasciare in disparte, poiché nel poema omerico non ha tanto rilievo, è Elena: ma per farmi perdonare le ho dato sostanza ne “L’Iliade cantata dalle dee”.

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Il punto di vista di Penelope, moglie fedele dell’astuto Ulisse, viene esposto per ultimo. Ci spiega il perché di questa scelta?

Perché nell’originale lei compare per ultima. Il mio riferimento assoluto è stato Omero, io ho aggiunto soltanto qualche episodio mitologico, ma perfino i dettagli (cibi, vesti, piante) sono originali. Dal punto di vista strutturale, mi sono attenuta all’impalcatura omerica, con una sola eccezione: mentre nell’Odissea omerica Ulisse compare soltanto a partire dal V libro, io l’ho voluto calare in scena subito, perché trovo geniale questa nuova figura di eroe che piange e si strugge per la sua patria lontana.

Secondo lei “L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre” potrebbe definirsi un libro femminista?  

Certo: l’opera è nata con l’intento di valorizzare le molte donne che incontrarono Ulisse. L’Odissea omerica è un poema rivoluzionario, per quanto riguarda il ruolo delle donne, ma in realtà tutte loro erano già protagoniste silenti. Il mio intento è stato prenderle per mano tutte – dalla più potente regina alla più ignorata schiava – e tentare di farle cantare.

La sua trilogia epica, iniziata con “L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre” è proseguita con “L’Eneide di Didone”, la riscrittura del poema virgiliano dal punto di vista della regina fenicia. Come ha deciso di mettere Didone al centro della prospettiva?

Il mio libro nasce in primis dalla lettura delle fonti, in particolare dello storico siciliano Timeo di Tauromenio che ci racconta la vita di questa ragazza giovanissima costretta a fuggire dalla fenicia Tiro perché suo fratello Pigmalione aveva assassinato il marito Sicheo. Didone dunque fuggì raggruppando una flotta di uomini, in parte parenti del marito Sicheo, in parte suoi fidatissimi, e salpò verso terre ignote, a bordo di una nave comandata proprio da lei. Quando la nave approda in quella che sarebbe diventata Cartagine, lei vede un’altura, la Byrsa, e capisce che quello sarà il luogo della fondazione della sua città. Questo fa Didone in un’epoca in cui le donne erano considerate meno di zero. E come riesce a farsi vendere quella collina? Beffandoli con la sua intelligenza. Partendo da queste fonti e tenendo come riferimento Virgilio, ho ricostruito il viaggio di Enea concedendomi solo due piccole licenze.

La trilogia epica si è poi conclusa con “L’Iliade cantata dalle dee”, opera vincitrice del Premio Selezione Bancarella. Stavolta a cantare sono le dee…

Sì, perché nell’Iliade omerica le umane hanno davvero poco spazio e poca possibilità di parola. Le poche volte che parlano, tuttavia, il loro sembra un grande grido di pace. Pensiamo che Criseide non si vede e Briseide non viene praticamente interpellata! Incarnano un ideale muliebre patriarcale: devono assolvere al compito di madri e mogli o di oggetti sessuali. Le dee, invece, sono molto più libere: possono spostarsi dove vogliono, possono partecipare alla battaglia, tentare di rallentare il corso del destino, sedurre, adirarsi, prendersi in giro. Oltre a loro, però, ho inserito le voci di due donne lambite dal divino: quella di Elena, figlia di Zeus, e Cassandra, un edificante esempio di donna che esercita il sacrosanto diritto di dire di no, anche di fronte a un dio, tra l’altro bellissimo. Lei non vuole cedere alle molestie di Apollo e con coraggio si sottrae, ma questo le costerà caro, perché verrà condannata a una preveggenza che resterà inascoltata. Cassandra è un’esclusa nel suo palazzo e tra i suoi parenti, non viene creduta da nessuno, ma nel mio libro incontra una creatura che è sola ed emarginata come lei e che in qualche modo è una dissidente: Elena, la donna più bella del mondo, la più desiderata. Tra loro nasce così una comunione, un sodalizio, forse anche un amore…