Introduzione

Due di noi è il romanzo d’esordio della scrittrice milanese Camilla Rocca. Viene descritta la storia di due gemelle: Alice e Viola. Alice è la più riflessiva, timida, insicura mentre Viola è tra le due la più estroversa, chiacchierona, dalla vita più caotica. Non possono vivere l’una senza l’altra fino a quando nella vita di Alice entra Francesco, amico di suo fratello Tommaso, di cui si innamora perdutamente. Per Alice è il primo amore, vive infatti una fase in cui pensa soltanto a lui, cambiando profondamente il suo rapporto con la sua gemella e con tutti coloro che la circondano. Vengono descritte tutte le vicende delle due ragazze nella Milano degli anni 80-90 e vengono trattate tematiche come l’amicizia, l’amore, la libertà, il rapporto genitori-figli. La storia si svolge in tanti luoghi: Milano, Parigi, la Grecia e New York e coinvolge il lettore al punto tale da voler scoprire il finale.

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L’intervista

Arstorica – Buongiorno Camilla, piacere di conoscerla. “Due di noi” è il suo romanzo d’esordio. Com’è stato scriverlo? Dietro, immagino, ci sia stato un lavoro intenso! Ce ne vuole parlare?

Camilla Rocca – Buongiorno a voi! Due di noi è effettivamente il mio primo romanzo, ed è nato in maniera estremamente spontanea. La pandemia e i lockdown mi hanno fatto pensare molto ai giovani, agli adolescenti, a quanta socialità, quante esperienze, quanti momenti cruciali per la loro crescita stavano perdendo o stavano vivendo in una solitudine forzata. Questo mi ha però fatto pensare, di contro, a quanto era stata meravigliosa e libera invece la mia di adolescenza. Come mia abitudine, mi sono allora messa a scrivere: ho sempre amato scrivere e ho sempre usato la scrittura per canalizzare pensieri ed emozioni. In quel momento, mi sono semplicemente lasciata andare ai ricordi, non però scrivendo una storia autobiografica, bensì immaginando una serie di “se” che, come dico nel libro, caratterizzano ogni singolo giorno delle nostre vite ed aprono la porta su l’infinità di strade alternative che avremmo potuto percorrere. La storia di Alice e Viola, di Francesco, Tommaso, Beatrice, Camilla, Antonio è quindi una storia che avrebbe potuto essere la mia (anche se non ho una gemella), ma avrebbe potuto essere anche quella di molte altre mie coetanee, cresciute a Milano o no, nate effettivamente agli inizi degli anni ’80 o anche un po’ prima o un po’ dopo. In questo senso, Alice e Viola sono due di noi.

La storia raccontata è ambientata negli anni ’90. Cosa ha provato nel descrivere questa epoca storica?

Gli anni ’90 sono stati i miei anni, gli anni della mia adolescenza e per molti di coloro che sono stati giovani in quella decade sono ricordati come un periodo meraviglioso, spesso addirittura mitizzato. Per me è stato molto divertente cercare di descriverli con dovizia di dettagli, riferimenti a canzoni, film, oggetti. Ho ascoltato tante playlist anni ’90 su internet e, grazie a quel potere magico che ha la musica, questo mi ha permesso di viaggiare immediatamente con la memoria, a volte anche in tempi e luoghi che pensavo dimenticati.
Ovviamente, sono anche stata travolta da una forte nostalgia, però si è trattato di una nostalgia “buona”, se così si può dire, perché dietro di questa c’era la consapevolezza di aver vissuto qualcosa di bellissimo. E di averlo vissuto intensamente.

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Tante sono le città e i luoghi in cui è ambientato il romanzo: Milano, Parigi, Londra, la Grecia, New York. Ognuno di questi luoghi viene descritto con dovizia di particolari. In particolare ci dà una descrizione dettagliata di Milano e Parigi. Ci spiega il perché?

Milano è la mia città natale, è dove sono cresciuta fino alla fine dell’università e dove ancora vive la mia famiglia. Parigi è la città che ho scelto per proseguire gli studi con un dottorato in Filosofia e che mi ha adottata con un’accoglienza ben diversa da quello che lascino credere i classici stereotipi. Ma soprattutto Parigi è la città dove ho costruito la mia nuova famiglia, dove mi sono sposata e ho avuto i miei bambini. In entrambe le città ci sono quindi delle mie radici, quelle da cui provengo o quelle che ho piantato; in entrambe vivono le persone che amo. Per questo le sento entrambe come la mia casa.

Al centro del romanzo “Due di noi” vi è la storia di due gemelle: Alice, la voce narrante della storia, e Viola. Sin da bambine vivono in simbiosi eppure quando Alice approfondisce la sua conoscenza con Francesco, amico del fratello Tommaso, emergono le differenze caratteriali tra le due sorelle. Ci vuole parlare delle peculiarità caratteriali delle due ragazze?

Alice e Viola sono due metà di un unico uovo, ma potrebbero essere anche due sfaccettature di un’unica persona: sono complementari, sono diverse ma indispensabili l’una all’altra. E proprio per quello sono cresciute assieme, in una sorta di funzionamento unico. Quando però raggiungono l’età in cui la personalità si definisce in maniera più chiara e precisa, questa interdipendenza si spezza. In particolare, è Alice a spezzarla: Alice è la sorella timida, insicura, coscienziosa e razionale, saggia, discreta. Quasi asociale, si definisce lei stessa. Si sente protetta e a suo agio nel suo microcosmo, limitato a sua sorella e alle loro migliori amiche, fin dall’infanzia. Le basterà però mettere un piede fuori da questo per realizzare la vastità del mondo che la circonda e allora sarà irrefrenabile la voglia di partire alla sua scoperta.

Viola invece è la sorella estroversa, mondana, chiacchierona, disordinata, impulsiva. È il genere di ragazza che appare estremamente sicura di sé, ma nel corso del libro si scopre quanto tutta questa sicurezza sia infondata, o meglio sia fondata sulla presenza di Alice. E quando questa viene a mancare, il castello di carte non può che crollare.

Un altro tema molto importante della storia è l’amicizia vissuta attraverso il rapporto speciale che sin dall’infanzia lega Alice, Viola, Beatrice e Camilla. Ci parla di questo prezioso sentimento attraverso la figura delle quattro ragazze?

Se Alice e Viola sono diverse ma complementari, così sono anche le loro migliori amiche: Camilla più sognatrice e spensierata, Beatrice più razionale e concreta. Entrambe sono però persone solide, presenti, fedeli: sono amiche che rimangono unite dall’asilo o dalla prima elementare fino all’università, e poi anche oltre, chissà… Ciò significa che sono cresciute insieme, hanno assistito ai cambiamenti, alle scelte di ciascuna e quindi si conoscono alla perfezione, si capiscono pur essendo diverse. È questa a mio parere la vera amicizia: poter contare ciecamente sull’altro, sapere che un’amica potrà anche dirci “hai sbagliato”, ma ce lo dirà comunque stringendoci tra le braccia, offrendoci il suo affetto, la sua consolazione, il suo supporto.

Avere amici del genere, soprattutto nel periodo dell’adolescenza, è molto importante, perché è un momento della vita in cui ci si allontana dai genitori e in cui, dall’altro canto, non si hanno ancora dei rapporti d’amore propriamente maturi e costruttivi, spesso nemmeno molto duraturi. Gli amici diventano quindi davvero un punto di riferimento fondamentale.

Un altro personaggio che diventa il centro del mondo di Alice è Francesco, di cui si innamora e che la mette in discussione più volte conducendola a riflettere su ciò che vuole veramente dalla vita. È stato complesso costruire un personaggio come quello di Francesco?

No, non è stato difficile: come la maggior parte delle ragazze, anche io sognavo il classico bello e dannato, che non si lega mai a nessuna ma poi s’innamora perdutamente di te. Con Francesco semplicemente ho cercato di non scadere, per l’appunto, nella banalità, ma di dare più spessore sia a lui che al suo rapporto con Alice. Il suo essere dannato viene allora giustificato da una storia famigliare molto difficile, che lo ha portato a odiare il padre, proteggere la madre e amare e ammirare in modo assolutamente incondizionato il fratello maggiore. Le ferite, le delusioni, gli abbandoni che ha dovuto affrontare durante l’infanzia spiegano anche la sua inerzia, la sua incapacità a prendere in mano la sua vita, nonostante sia animato da grandi passioni, come l’arte e in particolare la fotografia.
Anche il rapporto con Alice acquista allora senso e valore, proprio perché spezza l’inerzia. Quello che è interessante è che anche Francesco, in maniera speculare, spezza l’inerzia in cui Alice è come incastrata senza nemmeno essersene mai resa conto. Il loro legame, la loro attrazione, nel loro essere profondamente diversi, li spinge a mettersi entrambi in discussione, a rivedere i loro rapporti familiari, da un lato con il padre, dall’altro con la sorella gemella, e a guardare al futuro con lucidità, con una nuova presa di coscienza.

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Altro tema importante, in relazione alla domanda precedente, è l’amore, in questo caso il primo amore. Come mai ha scelto di descrivere proprio questo aspetto della vita della protagonista?

Alice è un’adolescente e l’adolescenza è una fase della vita meravigliosa e allo stesso tempo molto difficile. È un periodo di emozioni intense, di dubbi, di paure, ma anche di sogni, di speranze, di scoperte. Soprattutto, un momento di grandi cambiamenti, sia personali, nel senso proprio della costruzione della propria persona, attraverso scelte sempre più sostanziali, sia interpersonali, perché cambiano i rapporti con gli altri e in primo luogo con i propri genitori. In una storia che parla di adolescenza, non si può, secondo me, non prendere in considerazione l’amore, perché una delle più grandi scoperte di quell’età è proprio l’amore. Quel sentimento totalizzante, che spesso offusca tutti gli altri aspetti della vita, quelle sensazioni, anche fisiche, del tutto nuove, sconosciute, spesso così forti da diventare quasi spaventose: le ginocchia molli, le mani che tremano, le guance rosse, i nodi alla stomaco, il pensiero dell’altro che diventa quasi ossessivo. E poi il desiderio fisico, il desiderio del contatto.
Alice vive tutto questo, lo vive in maniera molto forte, travolgente: si ritrova ad anteporre Francesco alle sue amiche e addirittura anche a sua sorella, tanto che, a un certo punto, si sente sopraffatta da tutto ciò. Prende allora le distanze da Francesco e da quel momento comincia il suo percorso di crescita personale: un percorso sempre e comunque finalizzato a Francesco, ma durante il quale Alice fa scelte autonome e impara a camminare da sola.

Anche il rapporto genitori-figli viene presentato nel libro. Ci parla del rapporto tra le due gemelle e i loro genitori più approfonditamente?

Nel libro, le due gemelle hanno diciotto anni. Oggi è tutto anticipato, ma all’epoca a diciotto anni eravamo ancora in piena adolescenza. E in piena adolescenza il rapporto con i genitori è, per la maggior parte dei ragazzi, conflittuale e polemico. È una fase di passaggio, spesso dolorosa per entrambe le parti, necessaria alla formazione della persona adulta, alla sua indipendenza, anche mentale. È come se durante l’adolescenza si tagliasse nuovamente il cordone ombelicale e per farlo si devono necessariamente allontanare i genitori. Questo è quello che ho raccontato nel libro, però ho anche cercato di far emergere, tra le righe, l’affetto: Alice e Viola sono comunque estremamente legate ai loro genitori, che sono tra l’altro dei genitori molto presenti. Per questo Alice si sente combattuta: combattuta tra la voglia di parlare con sua madre e la convinzione di non essere capita; tra il desiderio di un abbraccio di suo padre e il bisogno di allontanarsi per cercare autonomamente la propria strada. Sarà suo fratello Tommaso, di cinque anni più grande, e quindi già passato in un certo senso “dall’altra parte”, che le farà capire quanto invece i ruoli fosse paradossalmente ribaltati: i veri incompresi si rivelano essere i genitori, con un passato al quale Alice e Viola non si sono mai interessate, e che invece sono perfettamente consapevoli di tutto ciò che avviene nella vita delle figlie, in particolare di Alice, pur volendole lasciare il suo spazio e accettando i suoi silenzi.

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La libertà è un altro tema portante di “Due di noi”. Alice sembra essere sempre frenata quando si tratta di lasciare Milano, il suo mondo e tutto ciò che aveva pianificato. Quando però si accorge, dopo la rottura, di non voler perdere Francesco decide di fare di tutto per non perderlo partendo fino a New York. Approva tutte le scelte irrazionali fatte dalla ragazza?

Sì, penso che nella vita serva un po’ d’impulsività e presa di rischio. Il problema è che più si cresce, più aumentano le responsabilità e gli imperativi concreti della vita quotidiana, più si deve scendere a compromessi, altrimenti l’impulsività diventa semplicemente incoscienza, irresponsabilità. I diciotto anni, e quelli che vengono appena dopo, sono invece proprio anni in cui, da un lato, si comincia ad avere l’indipendenza sufficiente per fare scelte autonome, dall’altro, non si ha ancora un carico di responsabilità tale da limitare o quanto meno condizionare queste stesse scelte. È quindi un’età in cui veramente si possono inseguire i propri sogni. E non solo si può: penso che si debba credere in qualcosa e battersi per questo.

Il finale del libro è molto aperto. Pensa che ci potrebbe essere un secondo romanzo che possa raccontare la vita dei protagonisti da adulti?

Certo, è possibile, per quanto al momento non l’abbia previsto. È possibile che un giorno mi venga voglia di raccontare ancora le vicende di Alice, Viola e Francesco, ad un’altra età, con nuovi rapporti, nuovi equilibri, nuove sfide e sicuramente nuovi sogni, ma ad oggi questa storia mi sembra conclusa: il percorso di crescita, di formazione, di autonomia di Alice, così come la ricerca di una nuova comprensione tra le due gemelle, mi sembrano risolti. Quello che rimane aperto, non è altro che la vita: come nella realtà, gli eventi futuri sono sempre imprevedibili.

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