Cora Slocomb

Una vita ricca di esperienze e di cultura: Cora Slocomb, coniugata de Brazzà, è stata attivista, imprenditrice e filantropa.

Nata a New Orleans, educata nel mondo

Cora Ann Slocomb nacque il 7 gennaio 1862 a New Orleans, Luoisiana. Sua madre, Abigail Day, era una personalità interessante, inventrice e disegnatrice, che depositò parecchi brevetti e disegnò la bandiera dello Stato del Connecticut; suo padre, Cuthbert Slocomb, dopo aver prestato servizio militare di ritirò nel negozio fondato da suo padre e lì, anno dopo anno, riuscì a mettere da parte una piccola fortuna.

Cora ebbe quindi l’opportunità di ricevere un’ottima educazione; studiò dapprima privatamente, poi all’estero in Germania, Francia, Regno unito. In Germania iniziò a studiare pittura presso l’Accademia Reale di Monaco, e da lì si spostò poi in Italia, patria della cultura e dell’arte. Nel 1887, a Roma, la giovane Cora incontrò il suo futuro marito: Detalmo Savorgnan de Brazzà, fratello di Pietro, esploratore italiano famoso per aver attraversato l’Africa e aver raggiunto il fiume Congo. Detalmo si invaghì della giovane, e quando Cora rischiò la morte a causa del tifo, immediatamente le propose di sposarlo non appena seppe che era guarita. La coppia, appartenente a due fedi diverse (lui cattolico, lei protestante) si sposò con rito civile a New York il 18 ottobre 1887; con il matrimonio, Cora Ann Slocomb de Brazzà diventò ufficialmente cittadina italiana.

La scuola di merletti

I neosposi si stabilirono nella provincia di Udine, nel castello dei Conti Brazzà a Moruzzo, trascorrendo poi gli inverni a Roma. Nel 1888 nacque l’unica figlia della coppia, Idanna. Lungi dal voler stare con le mani in mano, Cora notò sin da subito le condizioni di povertà dei contadini nel Friuli, soprattutto per le donne e le bambine delle famiglie, e nel 1889 lanciò un esperimento: una piccola cooperativa per insegnare alle donne a lavorare pizzo e merletti e avere così un lavoro tramite cui guadagnare durante i momenti morti alla fattoria o nei periodi di carestia. I pizzi non avevano mercato nella povera regione del Friuli, ma Cora parlava quattro lingue (italiano, inglese, francese e tedesco) e le usò per scrivere volantini pubblicitari e diffonderli ai mercati e alle fiere per attrarre clienti dall’estero.

Nel 1891 l’esperimento della cooperativa si trasformò in una vera e propria scuola, inaugurata da Cora nella frazione di Santa Margherita del Gruagno. Per pubblicizzarla, la donna organizzò la Prima Esposizione Agricola presso il castello dei Brazzà e invitò sei delle sue allieve a fare una dimostrazione in pubblico delle loro abilità: si trattò di un tale successo che alla fine della fiera ben quaranta nuove studentesse si iscrissero alla scuola. Era Cora stessa a insegnare a lavorare i pizzi e anche altre competenze di base, per poi istruire le studentesse migliori a diventare insegnanti loro stesse; in quell’area d’Italia povera e contadina non c’erano altri insegnanti qualificati.

In Italia e nel mondo 

Il successo si fece presto sentire. Nel 1892 Angelica Marcuzzi, una delle migliori allieve di Cora, aprì una seconda scuola di merletti a Fagagna, dove Cora fondò anche un laboratorio di giocattoli per produrre bambole e animali di peluche. Alla scuola di Fagagna ne seguirono altre cinque, tra cui Brazzacco, Martignacco e San Vito di Fagagna. Il lavoro di Cora per promuovere le creazioni delle donne friulane all’estero ebbe una svolta nel 1893, quando, in occasione dell’Esposizione internazionale di Chicago, la contessa Brazzà presentò i merletti delle sue scuole insieme a un libro appositamente scritto, una guida ai pizzi e merletti italiani.

Cora conquistò per sé una medaglia d’oro, mentre i pizzi esposti vennero acquistati dal Museo delle Arti di Filadelfia. Questo aprì le porte a un successo internazionale, e le scuole Brazzà presentarono i loro lavori anche nelle fiere internazionali di Parigi, di Liège e di altre città europee. Al di là del successo, le studentesse friulane ebbero un mezzo di sostentamento proprio, a cui si aggiunse la vendita delle tipiche violette selvatiche della regione, un altro business lanciato da Cora e appoggiato, questa volta, dal cognato Filippo Savorgnan de Brazzà. 

Un mondo migliore

Gli sforzi di Cora erano duplici: al di là dell’offrire alle donne delle classi più umili un mezzo di sostentamento, mirava a istruirle per farle uscire dalla povertà e dalla dipendenza dalle proprie famiglie, oltre a insegnare loro principi per una vita più sana e serena. Cora era infatti un’esponente molto attiva dell’organizzazione pacifista americana Universal Peace Union, e come tale viaggiò in tutto il mondo sia per promuovere principi come la giustizia e la cooperazione sia per sostenere l’uso della diplomazia nelle dispute internazionali. La Universal Peace Union fondò per questo scopo la Commissione per la pace sociale e l’arbitrato internazionale, di cui Cora Slocomb de Brazzà divenne copresidentessa insieme a Hannah Solomon.

Seguendo le orme della madre, anche Cora disegnò una bandiera: la bandiera della pace, un design a tre strisce con un colore per l’amore (giallo), uno per la coerenza (viola) e uno per la giovinezza (bianco). Al centro, vari simboli di pace e la scritta latina Pro Concorda Labor, “lavoro per la pace”; la bandiera divenne ufficialmente simbolo del National Council of Women negli Stati Uniti. In questo paese, la donna viaggiò per mesi insieme al marito, prendendo parte a molteplici iniziative e combattendo per diverse cause, come l’abbassamento delle tasse doganali per l’importazione del merletto, o il rilascio di Maria Barbella, un’italiana immigrata a New York condannata a morte da una giuria tutta maschile per aver ucciso il fidanzato dopo ripetute violenze sessuali. Cora Slocomb era anche membro della Croce Rossa internazionale, della Croce Rossa italiana e del Consiglio Nazionale delle Donne Italiane; insieme ad altri membri di quest’ultimo, fondò la Società Cooperativa delle Industrie Femminili Italiane per promuovere l’artigianato femminile italiano. 

Tornata in Italia nel 1906 dopo mesi di viaggi in tutto il mondo, Cora Slocomb ebbe un collasso a causa dell’osteoporosi che ne rovinò la salute per sempre. Sia il suo fisico che la sua mente ne furono fortemente compromessi; Cora non riusciva più a parlare correttamente né a riconoscere le persone che la circondavano; venne ricoverata a Imola, dove il marito continuò a farle visita fino alla sua morte, nel 1922. Le scuole di Cora vennero affidate alla Marcuzzi, che continuò a gestirle in onore della fondatrice.

Cora Slocomb visse ancora per anni, isolata a causa della malattia mentale, e morì nel 1944, all’età di 82 anni, nell’ospedale Villa Giuseppina di Roma; il suo ricordo era stato oscurato dallo stigma e dalla paura che circondava i problemi mentali. La sua bandiera della pace, però, è ancora nota in tutto il mondo, e la sua pro-pronipote, Idanna Pucci, le ha dedicato due libri documentario in merito al suo coinvolgimento nel caso Barbella: La signora di Sing Sing e Il Fuoco nellʼAnima. Due donne, un delitto, la pena di morte nellʼAmerica dellʼemigrazione italiana.

A cura di Chiara.