Nonostante gli studi accademici in arte, Alice Pasquini inizia ad avvicinarsi al mondo della Street Art negli anni Novanta rimanendone affascinata. Presto capisce che l’arte urbana è la sua strada, iniziando così a definire il suo percorso lavorativo e artistico, realizzando opere molto grandi non solo in Italia, ma anche in altri Paesi mondiali. La sua arte è anche connessa a tematiche molto importanti che le stanno a cuore, come quelle dedicate al mondo delle donne e all’impegno sociale.
Lavorando in studio soprattutto su materiali di recupero, supporti che riesce a recuperare nel corso dei suoi viaggi in giro per il mondo e oggetti densi di storia, Alice Pasquini è in grado di realizzare opere di grande bellezza e di infinita sensibilità. Per i suoi lavori all’aperto invece utilizza rulli, vernici e spray. Per lei dipingere in strada rappresenta un momento di condivisione sociale molto importante perché riesce a comunicare con il suo pubblico in maniera diretta, esprimendo nelle sue opere urbane tutti i suoi sentimenti.
Con progetti grandiosi per il futuro legati anche alle sue esperienze di viaggio, l’artista romana continuerà ad occuparsi di tematiche legate all’identità, alla sostenibilità ambientale e alla diversità culturale, cercando di coinvolgere nelle sue opere il suo pubblico.
L’intervista
Arstorica – Quando hai scoperto la tua passione per l’arte urbana e come quest’ultima si è evoluta durante gli anni?
Alice Pasquini – Ho scoperto la mia passione per l’arte urbana durante gli anni Novanta, quando non esisteva ancora il termine Street Art e in Italia si diffondeva la cultura Hip hop. È stato un momento di rivelazione artistica e di reazione ai miei studi accademici, l’arte urbana aveva per me una forza comunicativa che nessuna tela avrebbe mai avuto. Nel corso degli anni, questa passione è diventata anche il mio lavoro e ho dipinto opere sempre più grandi in tutti i continenti del mondo. Si è evoluta anche attraverso la sperimentazione di nuove tecniche e lo studio dei temi che mi appassionano, come la femminilità e le tematiche sociali.
Tra le tecniche artistiche che utilizzi nei tuoi lavori, qual è quella che trovi più gratificante?
In studio mi piace sperimentare con diverse tecniche e materiali, amo soprattutto lavorare su materiali di recupero, supporti che trovo durante i mei viaggi nel mondo, oggetti che hanno già una loro storia. Per quanto riguarda i muri lavoro con rulli, vernici e spray. Dipingere in strada, trasformando grandi spazi urbani, mi permette di comunicare con il pubblico in modo diretto ed emozionante.
Copyright di Alice Pasquini
Realizzi spesso opere legate all’universo femminile e alla vitalità delle donne. Qual è il motivo che ti ha spinta ad affrontare questo tema?
Tutta la mia arte parla da un punto di vista femminile. In generale rappresento le emozioni e i rapporti umani rappresentanti momenti privati in uno spazio pubblico. Ho sempre creduto nel potere trasformativo dell’arte e ho deciso di utilizzare la mia voce artistica per dare visibilità e forza alle donne. Rappresentando sentimenti ed emozioni vere lontane dai cliché e firmando con il mio vero nome affinché le ragazze sapessero che dietro quel grande lavoro c’era la mano di una donna.
Hai realizzato lavori a livello internazionale di grande successo. Qual è quello che ricordi con più piacere e perché?
Ho dipinto tantissime pareti a contatto con culture molto diverse. Di molti luoghi ricordo soprattutto gli incontri con le persone che, lavorando a contatto con i passanti, avvengono in maniera inaspettata e spontanea. Il mio progetto più importante è però quello portato avanti in un piccolo villaggio del Molise dove da dieci anni organizzo un festival internazionale di Street Art che ha ridato vita ad un luogo semi abbandonato cambiandone per sempre il destino. Lì ho potuto vedere direttamente l’impatto positivo che l’arte può avere sulle comunità, creando un senso di appartenenza e di speranza in un contesto difficile.
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Hai avuto l’occasione di esporre il tuo lavoro in numerose gallerie e musei celebri. Qual è stata la tua mostra più significativa e cosa hai imparato da quella esperienza?
La realizzazione di una grandissima opera dentro la collezione Farnesina è stata certamente un momento importante della mia carriera, ma ogni mostra è stata per me un momento di crescita. Esporre in un museo o dentro una galleria è molto diverso dal lavorare nello spazio pubblico. In questi casi c’è la possibilità di confrontarmi con un tema più intimo e profondo e, partendo dalla ricerca, trovare il materiale e le tecniche più adatte per raccontare una determinata storia. Dalla scultura alle installazioni, dalle animazioni al mosaico, mi piace molto sperimentare con le tecniche tradizionali per affrontare tematiche contemporanee.
Ti sei occupata spesso di tematiche sociali nei tuoi lavori. Ce ne parli?
Penso che l’arte pubblica possa essere un antidoto all’emarginazione sociale. Ma è soprattutto dipingendo in luoghi di confine o di esclusione, nei centri per minori, nelle comunità di recupero per e con i detenuti o con le donne vittime di violenza che il mio lavoro, ha più senso.
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Come artista, qual è la tua posizione sull’interazione esistente tra arte e tecnologia, considerando il crescente uso di strumenti digitali nell’arte contemporanea?
Ritengo che l’interazione tra arte e tecnologia sia inevitabile e stimolante. L’uso di strumenti digitali nell’arte contemporanea apre nuove possibilità espressive e permette di raggiungere un pubblico più ampio. Credo però che, nonostante il grande entusiasmo per il mondo virtuale, abbiamo sempre più bisogno di tornare alla realtà tangibile.
Secondo te nel contesto artistico italiano la Street Art riesce ad affermarsi o si dovrebbe fare di più per sostenerla come genere artistico?
In Italia, la Street Art sta lentamente affermandosi (rispetto ad altri paesi) come genere artistico, ma è innegabile che questo movimento abbia segnato una svolta per la storia dell’arte a partire dagli anni 80. Le Istituzioni si sono ormai accorte della sua forza comunicativa e la Street Art viene sempre più utilizzata nel bene e nel male nei progetti di riqualificazione urbana. Certo siamo ormai ad una forma di moralismo su commissione e sempre più lontana dall’aspetto più spontaneo e dirompente dei suoi inizi.
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Hai qualche punto di riferimento o qualche mentore in ambito artistico che ti ha fatto diventare l’artista che sei oggi?
Non posso identificare un unico mentore che mi abbia influenzato in modo determinante. Sono stati piuttosto incontri, esperienze e collaborazioni e la strada in sé che hanno contribuito a farmi crescere come artista, spingendomi sempre a esplorare nuove strade e ad approfondire le mie tematiche.
In futuro che cosa ti piacerebbe fare o quali tematiche ti piacerebbe affrontare nei tuoi lavori?
Sto lavorando ad una mostra e ad una pubblicazione sui miei taccuini di viaggio che sono forse la vera essenza del mio lavoro di ricerca sulle relazioni umane all’interno delle metropoli. Mi interessa continuare a esplorare tematiche legate all’identità, alla diversità culturale e alla sostenibilità ambientale, cercando sempre di coinvolgere attivamente le comunità nelle mie opere.
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Sitografia: nel link tutte le informazioni sulle opere di Alice Pasquini.
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