Solomiya Krushelnytska
Solomiya Krushelnytska è stata una cantante lirica ucraina, una dei soprani più famosi della prima metà del Novecento, tanto da meritarsi il titolo di “Diva di Wagner”.
La famiglia
Solomiya Krushelnytska nacque il 23 settembre 1873 nel paese di Bielawince, in quello che all’epoca era il regno austro-ungarico (oggi invece territorio dell’Ucraina). Suo padre, Ambrosiy Vasilyovych Krushelnytsky, era un prete cattolico e viaggiava di paese in paese, portando con sé figli e moglie. Finalmente, nel 1878, la famiglia si stabilì nel paese di Bila, vicino alla più grande città di Ternopil.
Solomiya, che già aveva dato sfoggio delle proprie capacità vocali, poté quindi frequentare la scuola di musica di Ternopil, dove conobbe anche Denis Sichinsky, destinato a diventare il primo musicista professionista della Galicia. Nel 1883, una giovanissima Solomiya fece la sua prima apparizione su un palco, cantando in un coro in occasione dello Shevchenko Concert a Ternopil. Fu sempre a Ternopil che Solomiya fece la sua prima conoscenza con il teatro, dove ebbe modo di vedere alcune opere di compositori ucraini.
Nel 1891, Solomiya venne ammessa al Conservatorio Lviv, dove sin da subito i suoi insegnanti, soprattutto Valry Vysotsky, ne elogiarono il talento e le capacità. Già nell’aprile del 1892, infatti, Solomiya si esibì come solista in una parte del Messia di Handel. Ma fu nel 1893 che debuttò nella sua prima opera, recitando la parte di Leonora nella Favorita di Donizetti sul palco del teatro Skarbka della città di Lviv. Accanto a lei sul palco comparivano i famosi Rudolf Bernhardt e Julian Jerome: si trattò di un vero e proprio successo, seguito dalla sua performance nella Cavalleria rusticana di Mascagni. Nel 1893, la giovane si diplomò al conservatorio, pronta a lanciarsi in una carriera nell’opera.
La carriera
Gemma Bellincioni, soprano italiana di grande fama a cavallo tra Ottocento e Novecento, assistette a una performance di Solomiya nel 1893 e, colpita dal talento della giovane cantante, le suggerì di recarsi in Italia per perfezionare i suoi studi nella patria dell’opera. Solomiya seguì il suo consiglio e si mise in viaggio già nell’autunno del 1893, con l’aiuto del padre che aveva chiesto un prestito per finanziare il suo viaggio all’estero. Solomiya venne ospitata dalla madre di Gemma Bellincioni e presa sotto l’ala di Fausta Crespi, che per i successivi tre anni fu sua mentore e insegnante. Solomiya si dedicò anima e corpo agli studi, tornando di tanto in tanto a Lviv per esibirsi a teatro e guadagnare così i soldi necessari a mantenere la sua vita in Italia.
Già negli anni a cavallo tra i due secoli, Solomiya si esibì in diverse città europee, da Parigi a Napoli, da Varsavia a Roma. Il vero grande successo, però, le arrivò con la Madama Butterfly di Puccini. L’opera aveva avuto un esordio infausto: alla prima alla Scala, era stata fischiata dal pubblico, ma Puccini non si era perso d’animo e aveva rivisto l’opera, ripresentandola poi a Brescia e affidando il ruolo della protagonista a Solomiya. Questa volta, Madama Butterfly riscosse un successo strepitoso e lanciò Solomiya sul palco di una sempre maggiore visibilità.
Una stella dell’opera
La vita di Solomiya era disciplinatissima: lezioni di canto, di recitazione, di italiano, per sei ore al giorno tutti i giorni; tempo libero dedicato ad approfondire la storia dell’arte, a visitare musei, a vedere altre opere e a stringere relazioni con gli esponenti del mondo del teatro. Solomiya era nota in particolare per la sua velocità di apprendimento: poteva studiare una parte in due giorni, e riuscire a metterla in scena in appena quattro. Nel corso della sua carriera recitò ben 63 parti, ed era anche una grande sostenitrice di compositori contemporanei (come Wagner e Strauss), che lei stessa applaudiva nel ruolo di pubblico.
Persuasa dalla propria famiglia, Solomiya acquistò nel 1907 una casa a Lviv, dove poter soggiornare quando tornava in patria e dove il resto della sua famiglia, soprattutto la madre malata, poteva restare nel resto del tempo. Parte dell’edificio acquistato sarebbe poi stato affittato quando i vari fratelli e sorelle si sposarono per mettere su una propria famiglia.
Nel 1910, Solomiya sposò l’avvocato italiano, nonché sindaco della città di Viareggio, Alfredo Cesare Augusto Riccioni. Ormai sapeva parlare ben otto lingue, e questo le permise, nel 1920, di lasciare il mondo dell’opera per dedicarsi al solo canto: si esibì in concerti in tutto il mondo, cantando anche in lingue straniere. Era anche una grande sostenitrice del folklore ucraino, che ripropose nei suoi tour, dando spazio anche alle opere di compositori ucraini.
Nel 1939, il marito di Solomiya morì, e la donna decise di tornare a Lviv: fu un errore, perché poco dopo i nazisti invasero la Polonia e il territorio dove si trovava Lviv fu spartito tra Germana e URSS. La città, dopo un assedio che la devastò, si ritrovò sotto il dominio russo, che impose un brutale regime di repressione. La casa che Solomiya aveva acquistato per la propria famiglia venne sequestrata; alla donna fu lasciato solo un piano in cui vivere insieme alla sorella Hanna. Solomiya trascorse la maggior parte di quel periodo chiusa in casa, anche a causa di una gamba rotta. Nel 1941 Lviv passò sotto il controllo della Germania, e la casa di Solomiya venne di nuovo requisita, questa volta dai nazisti. Solomiya sopravvisse alla pulizia etnica dei nazisti per poi ritrovarsi dietro la cortina di ferro alla fine della guerra. Ciononostante, il suo vecchio conservatorio l’assunse come professoressa di musica, e nel 1952 le venne riconosciuto il titolo di Merited Artist of Ukraine.
Il 16 novembre 1952 Solomiya morì, e venne sepolta nel cimitero della sua amata Lviv. In seguito, il teatro di Lviv sarebbe stato intitolato a suo nome, diventando il Lviv State Academic Opera and Ballet Theatre of Solomiya Krushelnytska.
A cura di Chiara.
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