Franca Viola

Francia Viola è stata la prima donna italiana a opporsi alla consuetudine del matrimonio riparatore e a portare anzi i suoi aggressori in tribunale, aprendo le porte al cambiamento del codice penale italiano e al riconoscimento del reato di stupro come “reato contro la persona”, anche se ci sarebbero voluti più di trent’anni.

La famiglia e le origini

Franca Viola nasce il 9 gennaio 1947 ad Alcamo, nella provincia di Trapani. È un periodo turbolento in Sicilia: finita la guerra, iniziata la riforma agraria, nascono i “nuovi ricchi”, i piccoli proprietari terrieri che, progressivamente, sostituiscono il vecchio sistema feudale. I suoi genitori sono coltivatori diretti, ossia coltivano direttamente i terreni in maniera autonoma: una famiglia non povera, ma nemmeno ricca.

È il 1962 quando la giovanissima Franca si lega in fidanzamento, appoggiata dai genitori, con Filippo Melodia: un giovane benestante ma con legami con Cosa Nostra, essendo nipote di Vincenzo Rimi, il capo della mafia di Alcamo. Quando Filippo Melodia viene arrestato per furto e affiliazione mafiosa Bernardo Viola, padre di Franca, decide di rompere il fidanzamento della figlia; a nulla valgono le ritorsioni che si scatenano contro di lui e la famiglia a seguito di quella decisione. Bernardo viene minacciato, il suo vigneto distrutto, il suo casolare bruciato, ma non cambia idea; dopo essere stato rilasciato, Filippo emigra in Germania per un periodo.

Ma il peggio sarebbe arrivato due anni dopo, al rientro di Filippo in Italia.

Il rapimento

È il 26 dicembre 1965 e Franca Viola ha appena diciassette anni. Filippo Melodia e dodici suoi amici irrompono nella casa della giovane, picchiano sua madre, distruggono la casa e la rapiscono, portando con sé anche il fratellino Mariano, 8 anni, che le si aggrappa alla gamba. Mariano viene rilasciato poco dopo, ma per Franca è solo l’inizio della prigionia: viene segregata in un casolare di campagna, dove viene picchiata e lasciata a digiuno. Dopo una settimana, Franca viene violentata da Filippo, che conta di disonorarla e poi costringerla al matrimonio riparatore per salvare la propria reputazione.

Infatti Filippo, dopo aver trasferito la giovane presso la propria sorella ad Alcamo, fa contattare Bernardo Viola per proporgli la “paciata”, quell’incontro durante il quale, secondo le consuetudini del matrimonio riparatore, le due famiglie si sarebbero accordate sulle condizioni del matrimonio, per mettere a tacere e “normalizzare” il fatto compiuto. Bernardo e la moglie, però, non hanno alcuna intenzione di accettare il matrimonio riparatore: accettano la paciata solo perché sono d’accordo con la polizia che, il 2 gennaio 1966, riesce a liberare la ragazza e arrestare Melodia e gli altri rapitori. 

Il processo e la risonanza nazionale

Melodia, però, è tranquillo: conta sul matrimonio riparatore, sul fatto di risolvere tutto ricorrendo all’articolo 544 del codice penale, secondo cui il reato di stupro decade, sia per l’aggressore che per eventuali complici, se lo stupratore sposa la propria vittima; lo stupro, all’epoca, non viene visto come un reato contro la persona, ma solo contro la morale, morale che può essere facilmente “riparata” con un matrimonio. Poco importano il volere della vittima, il suo dolore, la sua dignità: la legge non solo permette, ma incoraggia, che una donna sposi il proprio violentatore, e si condanni a vivergli accanto per sempre.

Franca, però, non ha alcuna intenzione di sottostare a quella consuetudine, e di accettare e giustificare quella che, di fatto, è stata una pura e semplice violenza nei suoi confronti e nei confronti della sua famiglia; la giovane è irremovibile: «Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce». I suoi genitori la sostengono e non si lasciano intimidire, perché un processo significa sicuramente ritorsioni da parte di Cosa Nostra; il padre si costituisce parte civile accanto alla figlia.

Il processo inizia nel 1966 presso il Tribunale di Trapani, attirando sin da subito l’attenzione della stampa nazionale: è la prima volta che una giovane donna rifiuta di accettare il matrimonio riparatore, esponendosi anzi alla nomea di “svergognata”. La tensione è altissima: la famiglia è vittima costante di intimidazioni e minacce, non solo da parte della mafia, ma anche da parte del pubblico, ostile e ancora legato all’ordine patriarcale; Franca e i suoi genitori vivono costantemente sotto la protezione della polizia.

Nonostante la difesa di Filippo tenti di screditare la ragazza, dicendo che era consenziente e che la fuga era stata programmata per costringere i genitori ad accettare il matrimonio, il Tribunale dà ragione a Franca Viola: Filippo Melodia viene condannato a undici anni di carcere, poi ridotti, ma comunque confermati in Corte di Cassazione nel 1969; anche sette suoi complici vengono condannati al carcere.

Ignorando le intimidazioni di Filippo e di Cosa Nostra, Franca Viola nel 1968 sposa l’amico e compaesano Giuseppe Ruisi, che coraggiosamente insiste per sposarla nonostante le minacce di morte nei suoi confronti.

Franca Viola è ancora in vita ed è diventata negli anni simbolo di resistenza, di lotta contro i vecchi sistemi patriarcali che discriminano la donna. Grazie al suo esempio, nel 1981 la legge 544 che consente il matrimonio riparatore viene abrogata; sarà solo nel 1996, però, che il reato di stupro sarà riconosciuto come “reato contro la persona”. Il 13 febbraio 2014, a Franca Viola viene conferita l’onorificenza di Grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana.

A cura di Chiara.