Introduzione
Il mito greco è sempre stato un soggetto pittorico molto ricorrente nelle opere degli artisti di tutti i tempi. Prima di descrivere alcuni quadri che riproducono alcuni tra i miti greci più celebri, bisogna descrivere nelle linee generali che cos’è il mito che deriva dal greco classico mythos e che significa narrazione, racconto. Quelle che vengono raccontate sono le imprese, gli eventi che riguardano gli dei greci andando oltre i confini della realtà con l’intenzione di idealizzare alcuni valori.
Nella cultura greca il mito assume una grande importanza, infatti, la grande civiltà greca tendeva solitamente a rappresentarlo nelle grandi opere scultoree, nella statuaria dell’epoca e anche nelle grandi opere architettoniche talvolta. In tempi più recenti invece anche nel mondo della pittura, vi sono stati tantissimi artisti che hanno voluto raffigurare nelle loro tele alcuni tra i miti greci più importanti, come per esempio il mito della nascita di Venere, il quale è stato ripreso da svariati artisti, come per esempio Sandro Botticelli, Alexandre Cabanel e altri, oppure il mito di Orfeo ed Euridice che è stato dipinto da artisti come per esempio Claude Monet, Tiziano, o ancora il mito di Apollo e Dafne che è stato per esempio rappresentato in un quadro di Giuseppe Bartolomeo Chiari.
Il mito greco nell’arte quindi è un qualcosa di intramontabile e più di un artista ha voluto imprimerlo nelle proprie tele, nelle proprie opere scultoree e architettoniche. Due sono le opere d’arte sul mito greco che verranno analizzate, ovvero:
- La nascita di Venere di Alexandre Cabanel
- Apollo e Dafne di Giuseppe Bartolomeo Chiari
La nascita di Venere di Alexandre Cabanel
La nascita di Venere è un dipinto eseguito dal pittore francese Alexandre Cabanel nell’anno 1863 mediante la tecnica pittorica dell’olio su tela. Oggi il quadro è custodito presso il Museo d’Orsay di Parigi, in Francia.
Secondo il mito greco esisterebbero due versioni della nascita di Venere:
- Quella delineata dal poeta greco Esiodo secondo cui la nascita della dea sarebbe scaturita dal seme del dio del cielo Urano, i cui genitali erano stati buttati nel mare in seguito alla castrazione portata avanti da suo figlio Saturno che aveva voluto a tutti i costi vendicare sua madre Gea, la sposa del dio del cielo. Proprio il seme e il sangue dei genitali del dio si sarebbero tramutati in schiuma da cui, nell’isola di Cipro, sarebbe nata proprio la dea Venere;
- Omero invece afferma che la dea Venere sarebbe nata dall’unione tra il dio Zeus e la ninfa degli oceani Dione. Il poeta greco narra anche come la dea sarebbe successivamente nata da una conchiglia poi uscita dal mare.
Questo quadro fu esposto al Salon di Parigi nell’anno 1863 e fu lo stesso imperatore Napoleone III a comprarlo. Il dipinto è stato prima nel palazzo dell’Eliseo nell’anno 1865, poi nel palazzo di Lussemburgo nell’anno 1870. Dopo essere stato conservato prima nel museo del Louvre, a partire dall’anno 1978 il dipinto è entrato a far parte delle collezioni del Museo d’Orsay di Parigi.
La dea Venere viene raffigurata distesa e nuda mentre emerge dalla spuma del mare. Attorno a lei volano alcuni amorini che sono colti nell’atto di suonare delle conchiglie. Il vero intento di Cabanel, in quest’opera d’arte, era quello di volere rappresentare un nudo di donna senza destare alcuno scandalo agli occhi della critica artistica dell’epoca. La Venere viene rappresentata in una posa molto sensuale, le sue braccia sono alzate e tendono a mettere in evidenza le forme giunoniche della dea. Una delle gambe della dea è piegata, mentre l’altra è distesa in avanti. Mentre il mare viene dipinto con delle pennellate blu, il cielo viene colorato con delle pennellate celesti.
Apollo e Dafne di Giuseppe Bartolomeo Chiari
Apollo e Dafne invece è un quadro che è stato eseguito dal pittore italiano Giuseppe Bartolomeo Chiari intorno alla fine del Seicento mediante la tecnica pittorica dell’olio su tela. Il dipinto fa parte del ciclo pittorico legato alle “Metamorfosi” di Ovidio. Oltre a questo dipinto il Chiari dipinse anche altri contenuti a sfondo mitologico, come per esempio il Mercurio che affida il piccolo Bacco alle ninfe, l’incontro tra Arianna e Bacco, la Trasformazione dei pastori della Licia in rane.
Questo ciclo di opere mitologiche sarebbe state acquistate tra il 1695 e il 1699 dal cardinal Fabrizio ed è considerato forse come il ciclo di lavori artistici più importanti dell’artista romano. Secondo il mito Apollo sarebbe stato vittima di una delle frecce di Cupido, dio dell’amore, dopoché il primo iniziò a vantarsi affermando di avere ucciso da solo Pitone. Questa freccia fece sì che Apollo si innamorasse della bella cacciatrice votata a Diana, Dafne, che a sua volta era stata colpita invece da una freccia di piombo che l’avrebbe fatta rifuggire da qualunque forma di innamoramento.
Dopo aver incontrato il dio Apollo, follemente innamorato di lei, Dafne iniziò la sua fuga terminata con la supplica fatta al dio Peneo di essere trasformata in una pianta piuttosto che cadere nelle mani del Dio. A questo punto la ragazza fu trasformata dal dio, impietosito dalle suppliche della giovane, in pianta d’alloro. Apollo, essendo infelice, da quel momento la consacrò sempreverde rendendola sacra.
Nel quadro del Chiari viene raffigurata Dafne – nuda – che viene colta nell’atto di fuggire in modo aggraziato e leggiadro dalle grinfie del dio Apollo che, ardente d’amore per lei, la insegue con fare sconsolato. L’artista sceglie di raffigurare la metamorfosi della fanciulla nel suo stadio iniziale, ovvero quando le sue mani si stanno tramutando in foglie d’alloro di colore verde. Cupido viene rappresentato nella parte alta della tela, nell’atto di fuggire, mentre ad assistere alla metamorfosi della fanciulla sulla parte bassa del quadro sono raffigurate le divinità acquatiche. La scena rappresentata è classica, armonica e si riempie di colori luminosi, come per esempio il rosso, il blu, il verde, il celeste, il rosa.
La scena del mito greco è drammatica, però Giuseppe Bartolomeo Chiari riesce a dipingere il mito suddetto con una vera e propria dolcezza a tal punto da rendere ancora più bella la storia.
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