Kasha Jacqueline Nabagesera

Kasha Jacqueline Nabagesera, nota in breve anche solo come Jacqueline Kasha, è un’attivista ugandese per i diritti LGBT e direttrice generale della Freedom & Roam Uganda (FARUG), un’organizzazione per la promozione e protezione dei diritti LGBT.

Le origini

Kasha Jacqueline Nabagesera nasce il 12 aprile 1980 a Kampala, capitale dell’Uganda, in Africa orientale. Suo padre è un principe dell’epoca coloniale, di quando l’Uganda non era ancora una repubblica ma un protettorato britannico; sua madre lavora per la Banca d’Uganda.

Sin da bambina, a Kasha viene concessa una libertà non comune alle sue coetanee: le viene permesso di indossare i pantaloni, per esempio, anziché la gonna, e di comportarsi in una maniera non “consona” a una bambina. Tuttavia, il problema più serio è la sua sessualità: in Uganda l’omosessualità è illegale e il fatto che Kasha scriva lettere d’amore alle altre studentesse la fa espellere da più di una scuola. La giovane si ritrova quindi a frequentare molteplici scuole; in tutte è costretta a vivere esperienze di discriminazione e odio a causa della propria omosessualità. La situazione non cambia quando frequenta il college; è anzi costretta a firmare una lettera d’intenti, in cui si impegna a non avvicinare le altre ragazze in maniera “inopportuna”. 

Nonostante le difficoltà, Kasha frequenta l’università di Nkumba, dove si laurea in contabilità e gestione aziendale; nel 2004, arricchisce il proprio curriculum con corso in informatica e uno in marketing, a Kampala. 

Lotta per i diritti umani

Il suo avvicinamento al mondo dell’attivismo inizia già nel 1999, durante il suo periodo universitario: è un’attiva sostenitrice dei diritti degli omosessuali e lotta contro l’omofobia in Uganda, promuovendo l’abolizione delle politiche anti-omosessuali. Nel 2003 Kasha fonda, insieme a degli amici, il gruppo Freedom & Roam Uganda (FARUG) con lo scopo di combattere la discriminazione tramite un’adeguata istruzione e formazione in merito ai diritti umani, difendendo soprattutto i diritti della comunità LGBT ugandese, vittima di pesanti discriminazioni da parte di leggi e politiche omofobe. Kasha non solo fonda il gruppo, ma ne assume la gestione in qualità di direttrice generale.

Nel 2005, si iscrive allo Human Rights Education Associates, un centro di formazione per i diritti umani statunitense, con sede in Massachusetts; l’anno successivo, consegue un diploma come giornalista presso la Johannesburg Media School. Da quel momento si dedica a “insegnare” l’attivismo in diversi Stati africani, dallo Zambia al Botswana, promuovendo il concetto di diritti umani, di diritto alla privacy e diritto alla protezione della propria incolumità. Ottiene una certificazione ufficiale in quanto formatrice dall’associazione Frontline Human Rights Defenders di Dublino, in Irlanda, nel 2008.

Contro l’omofobia in Uganda

È il 2010 quando il settimanale ugandese Rolling Stone pubblica un articolo omofobo, incitando all’odio e alle violenze nei confronti di una lista di persone, accusate di essere omosessuali. Tra i nomi elencati c’è quello di Kasha e anche quello del suo collega attivista David Kato. Sia Kasha che Kato decidono di citare in giudizio il giornale con l’accusa di diffamazione, cercando di difendere diritti fondamentali come quelli alla privacy e sicurezza personale; il 26 gennaio 2011, però, David Kato viene assassinato. In quello stesso anno, Kasha viene citata in occasione del centenario dalla fondazione della Festa della Donna; la sua instancabile lotta per i diritti umani e LGBT le guadagnano il Martin Ennals Award for Human Rights Defenders: è la prima attivista per i diritti degli omosessuali a riceverlo. 

Dopo l’assassinio di Kato, Kasha non demorde e, parallelamente, inizia la sua seconda grande battaglia, quella contro l’abolizione della legge ugandese anti-omosessualità proposta nel 2013 e ratificata a inizio 2014, secondo la quale coloro che venivano trovati colpevoli di omosessualità potevano rischiare una condanna all’ergastolo; punizioni severe aspettavano anche coloro che difendevano o supportavano l’omosessualità. Nell’agosto 2014, Kasha e i suoi colleghi attivisti riescono a ottenere l’abolizione della legge grazie a una sentenza della Corte Costituzionale, che la dichiara illegittima su basi procedurali. Nel frattempo, Kasha fonda anche una propria rivista, Bombastic, che accoglie articoli di ugandesi LGBT che raccontano le proprie esperienze di discriminazione. 

Nel 2017, Kasha tiene un discorso in occasione del WorldPride summit di Madrid, approfondendo la tematica dei diritti LGBT in Africa insieme ad altri attivisti provenienti da varie parti dell’Africa. Nel maggio di quello stesso anno, al suo arrivo all’aeroporto internazionale di Kigali in Ruanda viene arrestata e deportata in Uganda, con l’accusa di ubriachezza molesta, ma sin da subito Kasha denuncia come tale arresto sia avvenuto su basi meramente politiche.  Ancora oggi, nonostante il pericolo dovuto al clima politico, Kasha vive in Uganda con la sua partner, continuando la sua lotta instancabile contro l’omofobia nel proprio Paese e in Africa. Il suo attivismo ha ricevuto il plauso internazionale: l’University College di Dublino le ha conferito il James Joyce Award (2013); Amnesty International le ha dedicato il Sean McBride Award e l’Università di Toronto le ha riconosciuto il Bonham Centre Award. (aprile 2019)

A cura di Chiara.