Piccola introduzione
Ciò che si vuole fare in quest’articolo è descrivere due opere mitologiche del Raffaello:
- Il trionfo di Galatea
- Apollo e Marsia
Trionfo di Galatea
Il Trionfo di Galatea è un affresco delle dimensioni di 295 x 255 cm, realizzato da Raffaello Sanzio nel 1512 circa, e conservato nella villa Farnesina di Roma. Questo affresco è il più conosciuto della villa e uno dei più importanti dipinti da Raffaello.
Ciò che Raffaello rappresenta in questo affresco è la vicenda della ninfa Galatea; per realizzare l’opera, l’artista, probabilmente, si è ispirato agli Idilli di Teocrito o alle Metamorfosi di Ovidio. Ciò che viene rappresentato nell’affresco è il trionfo e la celebrazione della ninfa Galatea che, in questo affresco, troviamo intenta a cavalcare un Cocchio con le forme di capasanta che viene trainato da due delfini, e guidato da Palemone; la ninfa è circondata da un corteo di divinità marine in festa, e vigilata da tre putti alati che volano sopra di lei e stanno per scoccare dardi d’amore, è presente, nella rappresentazione, anche un quarto putto, a cui la ninfa rivolge lo sguardo: questo putto tiene un fascio di frecce nascosto dietro una nuvola, come simbolo della castità dell’amore platonico.
Galatea ha, in questo affresco, la pose e le sembianze di una statua, il suo busto è ruotato di tre quarti verso sinistra; l’autore riprende in forma laica la posa di Santa Caterina da Siena (1508). Il modo in cui Raffaello rappresenta i personaggi, dà allo spettatore l’impressione che questi stiano danzando. A dare l’impressione di ciò è proprio la rotazione del corpo di Galatea, la protagonista dell’opera. Per creare dei rimandi alla classicità, Raffaello, si serve del colore: utilizza toni cristallini, principalmente il verde delle acque e il rosso del mantello di Galatea. Per creare, invece, la sensazione di movimento, l’artista urbinate, disegna il mantello gonfio, come mosso dal vento, lo stesso fa per i capelli della ninfa, anche questi mossi da un vento percettibile.
In questo affresco non possiamo fare a meno di notare anche gli influssi che Michelangelo ha avuto su Raffaello, li notiamo soprattutto nella raffigurazione dei corpi: possenti e marmorei. Per quanto concerne il volto della protagonista, alcune fonti hanno dimostrato che Raffaello ha ritratto Margherita Luti, sua amante e musa, i due si conobbero proprio mentre Raffaello stava lavorando nella villa, e poiché il pittore passava più tempo con la donna che a lavoro Agostino Chigi, il committente, decise di chiamarla e Raffaello dipinse il suo volto nel Trionfo di Galatea. Nonostante ciò Raffaello, nel momento in Cui Baldassarre Castiglione gli chiese a chi si fosse ispirato, e chi fosse la sua musa, rispose: “nessuna”.
L’affresco venne commissionato da Agostini Chigi, un ricco banchiere che, fra il 1509 e il 1512, decise di farsi edificare una sontuosa villa, in quella che ora è via della Farnesina a Roma. Chigi incaricò per seguire i lavori l’architetto Baldassarre Peruzzi, molto noto in quel tempo. Le decorazioni pittoriche venivano eseguite man mano che i vari ambienti erano completati. Peruzzi e Chigi contattarono alcuni tra i più famigerati artisti del tempo, oltre Raffaello, autore di questo affresco, alla Villa lavorarono Sebastiano del Piombo e il Sodoma. Raffaello in quel periodo era impegnato anche in un’altra importantissima opera, stava, infatti affrescando la Stanza della Segnatura in Vaticano sotto commissione di papa Giulio II. Alla Villa Farnesina, a Raffaello venne commissionata la sala di Galatea, al piano terra, e l’opera dell’artista è dedicata proprio alla ninfa del mare greca. Questo affresco si trova sotto una lunetta di Sebastiano del Piombo, e adiacente a un dipinto di Polifemo sempre di del Piombo.
Essendo la sala interamente dedicata alla ninfa, molto probabilmente, tutte le pareti dovevano essere decorate con affreschi riportanti altre storie di Galatea, ma questi affreschi non vennero mai realizzati, proprio per questo motivo l’opera del Sanzio raffigura la glorificazione della ninfa e non una vicenda principale del suo mito. L’opera era sicuramente completa già nel 1511, poiché nello stesso anno venne descritta nel De Viridario Augustini Chigi Libellus del Gallo, pubblicato proprio nel 1511. Raffaello per la realizzazione di questo affresco, probabilmente si fece aiutare, in particolare da Giulio Romano. Le operazioni di restauro, avvenute durante il Novecento, hanno fatto si che venissero scoperte delle ridipinture databili al Seicento, ma hanno anche dato la certezza della paternità di quest’opera a Raffaello Sanzio.
Apollo e Marsia
Apollo e Marsia è un affresco delle dimensioni di 120 x 105 realizzato da Raffello Sanzio del 1508 circa, facente parte della decorazione della volta della Stanza della Segnatura nei Musei Vaticani.
L’affresco ha come fonte il racconto il mito di Apollo e Marsia: il satiro Marsia sfidò Apollo, dio della musica in una competizione musicale, Marsia perse questa sfida e come punizione per aver sfidato un dio venne torturato e scuoiato. La scena rappresentata in quest’opera è quella dell’incoronazione del dio Apollo, mentre Marsia è già legato all’albero, pronto per subire le torture. Nell’affresco sono presenti anche altri due personaggi: uno di spalle che pone la corona sul capo di Apollo e uno, con un coltello in mano, in procinto di scuoiare Marsia. La scena presenta come sfondo un finto mosaico dorato. Questa scena ha come significato per i neoplatonici fiorentini la vittoria dell’armonia celeste (Apollo) sulle passioni terrestri (Marsia). L’affresco è il quarto dipinto nella volta da Raffaello Sanzio, e nel complesso si inserisce nella parete a nord.
A cura di Simo.
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