Biografia di Carlo Carrà
Carlo Dalmazio Carrà nacque a Quargnento l’11 febbraio 1881. Fu un pittore italiano appartenente alla corrente del futurismo e alla corrente metafisica. Portandosi dietro il bagaglio artistico della tradizione ottocentesca, Carrà prese parte a tutte le vicende che investirono il rinnovamento artistico e culturale del Novecento, come il già citato futurismo, la metafisica e i Valori plastici. Carlo Carrà collaborò con il movimento futurista per sei anni, i concetti che ispirarono la pittura futurista vennero pubblicati sulla rivista Lacerba con cui Carlo collaborò. Il pittore concepiva le sue opere come immagini dinamiche, ma non servivano soltanto a dare la sensazione di movimento, tipica del movimento futurista, bensì erano destinate attraverso l’utilizzo del colore a eliminare la legge di gravità che attrae tutti i corpi. Dopo aver aderito al movimento futurista promosso da Marinetti, insieme a Boccioni, Russolo, Severini e Balla, firmò il manifesto dei pittori futuristi, l’11 febbraio 1910, e il Manifesto tecnico della pittura futurista l’11 aprile del 1910. Di sua paternità è il manifesto La pittura dei suoni, odori del 1912. Nel 1916, però, Carrà decise di allontanarsi dalla corrente futurista, in quel momento, insieme a De Chirico diede avvio alla pittura metafisica. Nel 1915 Carlo Carrà sentì l’esigenza di lasciare i temi portanti del futurismo, come la velocità e il dinamismo, ricercando un contatto con il reale più concreto. In quel particolare momento storico la Prima Guerra mondiale coinvolse tutti, anche il pittore, prima attraverso l’azione interventista, in cui conobbe anche Cesare Battisti, poi con la chiamata diretta alle armi. La sua esperienza fu traumatica e dolorosa, tanto da essere ricoverato in un nevrocomio a Ferrara.
Fu proprio a Ferrara che conobbe Giorgio De Chirico e Filippo De Pisis, con cui definì i principi della pittura metafisica. Dopo alcune opere in stile “dechirichiano” Carrà raggiunse una propria individualità e identità artistica, egli non rimase dentro le formule classiche del movimento metafisico, nella sua arte, infatti, la metafisica fu superata dalla poesia e dal senso del magico. Nel 1919 si sposò con Ines Minoja, e iniziò a collaborare con la rivista d’arte Valori plastici a Roma, questa collaborazione durò fino al 1921. L’anno successivo, il 1922, ci fu una nuova svolta artistica nella vita di Carlo Carrà: il pittore abbandonò anche lo stile metafisico, poiché desiderava essere solo se stesso. La contemplazione del paesaggio si risolse nella costruzione di un quadro che doveva essere sia montano che marino. Conobbe il pittore e poeta Cesare Breveglieri, che lo ritrasse nell’atto di dipingere. Carlo Carrà morì a Milano il 13 aprile del 1966. Le sue opere sono custodite nell’Archivio del Novecento del Mart di Rovereto.
Le figlie di Loth
Le figlie di Loth è un quadro dipinto secondo la tecnica dell’olio su tela delle dimensioni di 110 x 80 dipinto da Carlo Carrà nel 1919 e custodito in una collezione privata.
Dopo il periodo futurista, Carrà collaborò con la rivista Valori Plastici diretta da Mario Broglio, che si inseriva nell’internazionale ritorno all’ordine culturale ed estetico. Il pittore si avvicinò, quindi, ai valori essenziali della pittura classica, che venne scelta da lui per il realismo e la spiritualità intensa. L’interesse che Carrà aveva verso i maestri del XV secolo e verso Giotto, l’aveva già dimostrato attraverso la pubblicazione di un saggio come la Parlata su Giotto e Paolo Uccello, pubblicato su La Voce nel 1916. Nel quadro Le figlie di Loth è evidente la volontà dell’autore di rifarsi proprio a quella tradizione pittorica trecentesca e lo possiamo notare nella semplicità degli elementi compositivi e nella scelta iconografica, nonostante il racconto biblico a cui fa riferimento l’opera, sia presente solo nel titolo, infatti, nessun dettaglio ci porta a pensare che le due figure femminili siano proprio le figlie di Loth. In questo dipinto la spazialità spoglia, i colori intensi e la costruzione che risulta austera delle due protagoniste e dell’animale al centro, sono chiaramente ispirate agli affreschi e alla pittura di Giotto, l’ispirazione si nota sia nella forma che nel contenuto dell’opera. L’atmosfera dell’opera risulta enigmatica, caratterizzata per alcuni versi ancora da elementi metafisici, in cui l’aspetto aneddotico dell’immagine viene bloccato da una staticità misteriosa. Di questo dipinto è presente anche un disegno preparatorio, realizzato sempre nel 1919, in questo disegno possiamo notare alcuni ripensamenti dell’autore, sia nella disposizione delle figure, sia nel paesaggio sullo sfondo.
I funerali dell’anarchico Galli
I funerali dell’anarchico Galli è un dipinto realizzato con la tecnica pittorica dell’olio su tela delle dimensioni di 185×260 cm realizzato da Carlo Carrà nel 1911.
L’episodio rappresentato nel dipinto è avvenuto nel 1904: quest’opera racconta di quando durante uno sciopero generale a Milano l’anarchico Galli fu ucciso. Possiamo notare nel dipinto le figure dei manifestanti che scappano dalle guardie, che intervengono usando la violenza. Attraverso la disposizione delle linee possiamo percepire il caos; anche i colori utilizzati svolgono un ruolo importante per il dipinto, vediamo dominare il rosso, che accentua il carattere aggressivo e il caos della scena. Carrà era presente e assisté personalmente alla vicenda, ne rimase particolarmente colpito tanto da realizzarne subito un disegno; questo dipinto però venne realizzato sette anni dopo.
A cura di Simo.
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