Hai mai celebrato le esequie di un oggetto perduto o irrimediabilmente sciupato, molto caro al tuo cuore? Ecate Logorio, giovane donna dalla vita appartata ed enigmatica, gestisce una speciale agenzia funebre riservata agli oggetti, agli antichi cimeli, alle care, vecchie cose dei suoi singolari clienti, regolarmente corredate dei propri fedeli fantasmi. Ma una sfacciata curiosità cleptomane condurrà Ecate sulla scia di un inatteso destino: il mistero di un piccolo oggetto, assieme ad un’insistente sequenza di segni, serendipità e spettri ostinati, si rivelerà il principio di un profondo cambiamento interiore e di sorprendenti scoperte.
Diritti di copyright di Maria Lupoli
L’intervista
Chiara Saibene – Grazie mille, Maria, per questa intervista. Per iniziare, può parlarci un po’ di lei?
Maria Lupoli – Grazie a voi per la splendida opportunità! Di me potrei dire, in primis, che la scrittura è sempre stata parte integrante – vitale, e felice – della mia vita. Ho imparato molto presto a scrivere, quasi in autonomia, perché molto attratta dal mondo dei libri fin da piccolissima. La mia personalità, sempre piuttosto riservata, ha fatto della scrittura il mio canale principale di comunicazione, così come il mio eterno sogno nel cassetto: tutti i miei vecchi diari testimoniano ancora oggi il mio antico progetto di scrivere un romanzo, anche grazie all’ispirazione delle mie eroine letterarie, come la Jo di Piccole Donne. Sognavo di diventare come lei: audace, coraggiosa, creativa, una scrittrice indipendente. Quando non scrivo, amo passeggiare a lungo, leggere vecchi romanzi e molta poesia, amo la musica, i viaggi e il restauro di oggetti ed accessori vintage.
Quale percorso l’ha portata al suo esordio con Il talento soave?
Ho iniziato a scrivere questo romanzo più di dieci anni fa, partendo da una piccola nota che ancora oggi conservo con tenerezza: “un’agenzia funebre per oggetti”! Avevo intenzione di trasformare il mio spunto in un breve racconto, che ho lasciato in un cassetto per lunghi periodi, eppure una strana energia mi portava a tornare sempre a quel piccolo manoscritto che, negli anni, mi ha convinta a trasformarlo in un romanzo, arricchendosi anche grazie alla mia passione per il piccolo antiquariato. Nutrire la mia natura di collezionista curiosa, negli anni, mi ha ispirata nella composizione della trama: ogni caccia al tesoro tra i piccoli mercatini delle pulci mi regalava un’idea, un’emozione, l’ispirazione per un personaggio, per una frase. Lentamente, tutta la mia storia è apparsa tra le mie mani, lasciandosi scrivere.
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La protagonista Ecate è, in primo luogo, un’amante delle storie. È un riflesso di sé stessa?
Ho molto in comune con Ecate, la mia protagonista narrante. Ecate è una donna dalla natura impetuosa ma riservata, estremamente introspettiva, dalla potente curiosità e con un’intensa necessità di cercare e creare legami appassionati e profondi. Ho dato voce alla sua personalità seguendo con onestà ed autoconsapevolezza la mia stessa voce interiore, senza negare fragilità ed inquietudini: per farlo, sono partita proprio da quel desiderio vorace di storie, quelle che io stessa, fin da bambina, ho amato visceralmente e reso parte di me. Posso dire di essermi approcciata alla creazione della mia trama come all’esplorazione di una delle storie dei miei libri più amati, indagandone ogni aspetto e dettaglio con la medesima brama di scoprirne i segreti, le emozioni e le sfumature nascoste.
Uno degli aspetti particolari di Ecate è la sua difficoltà a intrattenere rapporti con gli altri esseri umani, cosa che la porta invece a stringere “relazioni” con gli oggetti che colleziona. Secondo lei, la società moderna ha contribuito ad alimentare il senso di solitudine e di inadeguatezza nei rapporti umani, spingendoci a cercare rifugio nelle “cose”?
Non ho mai legato il senso di solitudine all’attaccamento alle cose, forse per via della mia esperienza sempre molto allegra e condivisa con altri appassionati di collezionismo (vere e proprie comunità, in presenza e online), in primo luogo con mia madre che mi ha sempre educata al gusto “sentimentale” del bello. Da amante emotiva delle “care, vecchie cose”, credo che una certa affezione agli oggetti ed alla loro storia, bellezza, valore artistico, possa in realtà nutrire la propria emotività, l’attenzione alla bellezza dell’arte e dell’artigianato, il legame con un passato, fatto di eventi ma soprattutto di persone, di cui molti oggetti sono una testimonianza e una memoria, contribuendo dunque anche ad una certa volontà di condivisione e di benevolenza verso l’altro, la sua storia personale ed i suoi sentimenti. Credo piuttosto che la solitudine si leghi ad una difficoltà nel comunicare (e nell’accogliere) questa emotività: l’antidoto sta nel ritrovare una capacità gentile di osservare l’altro e di ascoltarlo con empatia, indulgenza, comprensione umana, tenerezza. Talvolta, anche attraverso i suoi oggetti…
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È anche vero che per Ecate gli oggetti non sono solo tali: sono portatori di un valore emotivo ed affettivo, testimoni silenziosi della storia dei loro proprietari e, come tali, “porte” sul passato. È corretto?
Esattamente, tra le mie pagine ogni oggetto non è solo una cosa, bensì una voce, una memoria affettiva, il simbolo di una parte intima ed emotiva di chi non c’è più ma che lascia un segno, un legame profondo. Assieme ai loro fantasmi, che fanno parte della narrazione fiabesca del romanzo, le “cose” sono vive, rappresentano anche e soprattutto l’immortalità dei sentimenti e dell’energia umana che si ostina a vivere, trasportando messaggi di rinnovamento interiore, di rinascita e di comprensione di sé.
Ecate è spinta da un impulso irrefrenabile alla sottrazione di oggetti: cleptomania o vano tentativo di contrastare il futuro “trattenendo” il passato?
La cleptomania di Ecate esordisce sulla scia di una curiosità avida, di una necessità di storie da scoprire, forse finanche in modo un po’ egocentrico ed egoistico, timoroso verso il futuro, ma che presto evolve in qualcosa di più spirituale e persino umano e relazionale: le sue “sottrazioni sentimentali”, come le chiamo nel romanzo, si trasformano appunto in legami d’amore non più solo verso gli oggetti stessi e loro storie, ma verso le comunicazioni sottili e collaterali di queste storie, ed il loro potere di rinnovare in modo vitale le esistenze concrete delle persone implicate, conducendo la stessa protagonista verso un percorso personale di ricerca di una vicinanza umana, di contatto profondo con l’altro.
Ho trovato molto interessanti i titoli dei capitoli, che rimandano al linguaggio musicale. Vuole dire che la vita è una sinfonia composta da molteplici movimenti?
La storia del mio romanzo mi è apparsa proprio come una lenta sinfonia, e l’atto stesso di immaginarla e scriverla è avvenuto attraverso una sequenza di tempi, ora lenti, ora allegretti, ora veloci, simili a quelli di un’opera musicale. Associare ogni capitolo al linguaggio della musica è stata una scintilla improvvisa dovuta esattamente alla mia esperienza di scrittura, ma ha radici più profonde in quanto sono un’orgogliosa figlia d’arte: mio padre è un tenore, e nella mia famiglia la musica, così come una buona collezione di libri, non è mai mancata, ed anzi è arrivata fino a me che, nel tempo libero, mi diletto nel canto e nella composizione.
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Sofia (altro nome che richiama radici antiche) compare sulla scena come personaggio fantasma catalizzatore del cambiamento di Ecate, quasi scegliendola come propria erede letteraria. Può parlarci un po’ più approfonditamente di questo personaggio?
Sofia è un personaggio che mi è molto caro, ha accompagnato come uno spettro paziente ma molto ostinato anche il mio processo di scrittura. Il suo spirito malinconico rappresenta, in realtà, la porzione d’ombra di una personalità: la sua tendenza, finché ancora in vita, a scrivere ma senza mai portare a termine le proprie storie, e la sua stessa vicenda di spettro perseguitato da un’esistenza “incompiuta”, interrotta, invisibile, simboleggia la mancanza di fiducia in sé, la difficoltà nel comunicare e nel raccontarsi, l’istinto ingordo di acciuffare esperienze e persone privo, però, di un’emotività cristallina e genuina. Anche Sofia, come Ecate, porterà avanti, durante la trama, una vera e propria evoluzione personale, pur se nelle vesti di fantasma, che attraverso l’incontro profondo con l’altro (l’umano) le trasmetterà un messaggio di rinascita e di elaborazione affettiva della propria storia.
Nel romanzo è molto presente il tema della sincronicità, del destino che lancia i suoi segni a chi li vuole cogliere. Crede che la vita sia cosparsa di segnali, di indicazioni che ci possano sospingere verso la nostra vera strada?
Credo fermamente nel valore delle nostre azioni, delle nostre scelte coraggiose e della nostra volontà di cambiamento nella vita. Ma al tempo stesso mi considero una romantica, e scelgo anche di credere in questi “segni” che il destino dissemina sulla strada, come briciole verso una destinazione, non come un affidare passivamente la vita al fato ma, piuttosto, come esercizio personale di osservazione della realtà mediante una lente di fiducia: credo molto nel potere catartico di affidarsi all’universo, perché sperare sempre in un’energia cosmica che possa tutelare amorevolmente i nostri passi significa guardare al presente, ed al futuro, con un sentimento di fede e di positività. Personalmente, lo trovo un approccio salvifico e rincuorante nei momenti di sconforto.
Ha un altro progetto in mente e se sì, può concederci qualche anticipazione?
Al momento sono già al lavoro per una nuova storia. Sono molto scaramantica e riservata, e non ho ancora anticipato i dettagli neanche ai miei cari più fidati, anche perché questa nuova trama, come un fantasma dispettoso che si svela pian piano, assumerà la propria forma durante la scrittura (che è sempre un momento di forte introspezione e cambiamento interiore, per il suo autore!), ma posso dire che mi tiene compagnia una nuova protagonista femminile, piuttosto differente dalla mia Ecate, all’interno di un luogo misterioso che avrà in sé elementi d’ispirazione fiabesca, mitologica, letteraria e molto fantasiosa e surreale… con una piccola strizzata d’occhio, anche in questo caso, al realismo magico e ad alcuni cari, vecchi oggetti…
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