Il treno dei bambini è un romanzo scritto da Viola Ardone nel 2019 e racconta la storia di Amerigo, scugnizzo napoletano di sette anni che vive con sua madre Antonietta a Napoli. Per salvarlo da una vita difficile e fatta di stenti, la donna decide di aderire all’iniziativa del Partito Comunista dei Treni della felicità: tantissimi bambini del Sud Italia devastato dalla guerra vengono inviati presso famiglie del Centro e del Nord Italia con lo scopo di costruirsi un futuro migliore. La storia di Amerigo viene ripercorsa dall’infanzia fino all’età adulta ripercorrendo le tappe della sua vita e il complesso rapporto con sua madre Antonietta.
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L’intervista
Arstorica – Buongiorno Viola, piacere di conoscerla. “Il treno dei bambini” racconta la storia di Amerigo Speranza, bimbo napoletano di sette anni che sua madre Antonietta decide di far partire insieme a tanti altri bambini verso l’Emilia Romagna allo scopo di garantirgli un futuro migliore. Ci parla del personaggio di Amerigo, bimbo sveglio e dal grande cuore?
Viola Ardone – È uno “scugnizzo” che vive nei vicoli della città, ha imparato a cavarsela già da piccolo in un mondo di grandi. Ha sempre la risposta pronta.
Tra le pagine del suo romanzo viene raccontata l’Italia dell’immediato dopoguerra. Un’Italia povera che cerca di risollevarsi dopo una dittatura come quella fascista che l’ha stremata. In particolare viene descritta una Napoli molto povera, dove manca tutto e si deve sopravvivere. Per la ricostruzione della storia ha attinto a qualche fonte storiografica?
Nessuna in particolare, ho attinto ai racconti di mio padre, che è del ’45, e di mia zia, nata proprio durante la guerra.
I Treni della felicità sono un’iniziativa portata avanti dal Partito Comunista italiano con il fine di aiutare le famiglie del Sud Italia dilaniate dalla guerra. Grazie ad essa tantissimi bambini partivano verso il Centro e il Nord Italia. Le loro famiglie vi aderivano per permettere loro un futuro migliore. Come è venuta a conoscenza di quest’iniziativa?
Mi è stata raccontata da un ex bambino dei treni e poi ho iniziato a documentarmi.
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Una parola molto significativa nel romanzo è “solidarietà”, la quale viene citata da Maddalena, membro del Partito Comunista e partigiana. Ci spiega da scrittrice il significato di questa parola importantissima per l’evoluzione della storia raccontata?
La solidarietà è una sorta di circolo virtuoso che porta benefici a tutta la società, d’altra parte la nostra Costituzione si basa sul principio solidaristico proprio per questo motivo.
Antonietta è la mamma di Amerigo. È una donna molto bella, segnata dalla vita dopo essere stata abbandonata dal compagno e dopo avere perso il suo primo figlio Luigi. Nella vita deve cavarsela da sola. Il suo rapporto con Amerigo è molto forte anche se non mostra a parole il suo amore per lui. Ci parla del suo personaggio?
È una donna che per amore del figlio è disposta a lasciarlo andare, che è il più grande gesto d’amore perché presuppone la libertà dell’altro. È un po’ ruvida nel dimostrare il suo affetto, non conosce il linguaggio della tenerezza, ma per garantire un futuro migliore a suo figlio è disposta a qualsiasi sacrificio.
La mela annurca è un piccolo pensiero che Antonietta dona ad Amerigo prima di partire. Che cosa rappresenta questo piccolo frutto per il bambino?
È un dono tramite il quale quella mamma sembra voler dire: non dimenticarti di me. E infatti il bambino non la mangia, la conserva fino a quando la mela avvizzisce. È un po’ il simbolo dell’amore che, se non viene consumato, si sciupa.
Arrivati in Emilia Romagna, tutti i bambini vengono portati via dalle famiglie assegnate. Anche gli amici di Amerigo, Mariuccia e Tommasino vengono subito scelti da alcune famiglie. Rimane solo lui che pensa di essere stato abbandonato. In realtà sarà Derna, sindacalista del Partito Comunista, che lo accoglierà nella sua casa. Durante il giorno la donna deve lavorare, quindi lo affida a sua cugina Rosa e al marito Alcide che subito si affezionano a lui. Il tempo scorre e Amerigo si ambienta molto bene in questa famiglia a tal punto che Alcide lo considera come un figlio. La famiglia è un altro dei pilastri del suo romanzo. Ci vuole parlare di questo aspetto?
La famiglia è in genere quella che ci capita ma a volte è anche quella che ci scegliamo, in questo romanzo la genitorialità non è solo quella genetica ma quella di elezione. Madri e padri che decidono di essere tali perché hanno voglia di prendersi cura di un bambino anche se non lo hanno generato.
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La musica è un altro elemento molto importante nel corso del romanzo considerando che Amerigo riceve in dono da Alcide un violino che ha preparato apposta per lui. Quando torna a Napoli dopo il periodo trascorso in Emilia Romagna, Amerigo lo porta con sé per poi essergli sottratto da su madre Antonietta. Perché Amerigo, proprio per questo gesto della madre, decide di rompere il rapporto con lei lasciando Napoli ripartendo per andare dalla famiglia che lo ha ospitato?
Perché capisce che il suo sogno di diventare un musicista può realizzarsi solo lontano da sua madre, in un contesto diverso, è una consapevolezza dolorosa e lucida che lo porta a tagliare il cordone con la madre e con la città.
La parte finale del libro è dedicata al ritorno di Amerigo adulto e musicista affermato nella sua Napoli. Qua ripercorre il suo passato, scopre che sua madre, morta da poco, non lo ha mai dimenticato conservando anche il suo violino. Non tutto è perduto, un legame con lei è rimasto: quello con il nipote Carmine. Come pensa di instaurare un rapporto con il nipote?
Amerigo vede nel nipote la possibilità di essere anche lui parte della catena di solidarietà di cui lui stesso ha beneficiato.
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