Monica Simpson

Monica Simpson è un’attivista e artista americana di colore, dichiaratamente queer, e direttrice esecutiva del SisterSong Women of Color Reproductive Justice Collective, la più grande organizzazione statunitense promotrice della reproductive justice, la “giustizia riproduttiva”. Si tratta di un movimento nato in seno al dibattito pro e contro l’aborto, che ha allargato la prospettiva includendo anche fattori sociali, etnici e socioeconomici; i tre pilastri del movimento sono:

  1. il diritto di avere figli;
  2. il diritto di non avere figli;
  3. il diritto di crescere figli in un ambiente sano e sicuro.

Monica Simpson, in quanto direttrice del SisterSong Women of Color Reproductive Justice Collective, è stata ed è tuttora portavoce di un approccio reale e realistico ai diritti delle donne nel contesto della riproduzione, ancor di più ora che molti Stati americani hanno reso l’aborto illegale, tramutando in una legge ufficiale ciò che di fatto era la realtà in molti stati del sud. Un altro cavallo di battaglia dell’organizzazione riguarda l’accesso ai contraccettivi e a informazioni riguardo la vita sessuale e le gravidanze.

Biografia di Monica Simpson

Monica Simpson, infatti, nata e cresciuta nel North Carolina, nel sud-est degli Stati Uniti, conosce bene le difficoltà che le donne, soprattutto di colore, devono affrontare quando si tratta di gravidanze, volute o meno; la sua comunità, chiusa e oppressiva, bandiva qualunque discorso sulla sessualità, ma poi chiudeva un occhio quando molte ragazze rimanevano incinte ancor prima di finire la scuola.

Anche l’accesso all’istruzione è un nodo dolente: rendersi conto di essere spesso l’unica ragazza di colore nelle classi avanzati ha spinto Monica a impegnarsi attivamente a favore dei diritti delle donne e delle persone di colore. I diritti su carta non hanno valore se non possono essere concretamente realizzati: sin da quando ha iniziato a studiare, la donna ha sostenuto che un diritto non è tale se non viene poi messo in pratica. Il diritto all’aborto o il diritto all’istruzione sono inutili se poi, concretamente, una donna non ha accesso ad assistenza medica o alle classi scolastiche solo per il suo genere o colore della pelle.

Monica si laurea in comunicazione presso la Johnson C. Smith University, un’università per persone di colore fondata prima della legge per i diritti civili (1964), dove si è attivamente impegnata per i diritti LGBTQ. Diventa direttrice delle operazioni nonché la prima persona di colore a operare presso il Charlotte Lesbian & Gay Community Center; contribuisce a fondare il Charlotte’s Black Gay Pride Celebration, per cui riceve riconoscimenti ufficiali sia dalla National Black Justice Coalition (organizzazione americana per la difesa dei diritti delle persone LGBTQ di colore) e la Coalizione per i diritti umani.

Nel 2010, Monica Simpson si unisce al SisterSong Women of Color Reproductive Justice Collective in qualità di coordinatrice dello sviluppo, dopo essersi trasferita ad Atlanta, in Georgia. Il suo impegno e la sua abilità la fanno rapidamente scalare a posizioni sempre più significative: vicecoordinatrice nel 2011, direttrice esecutiva provvisoria nel 2012, e direttrice esecutiva nel 2013, tanto da arrivare, nel 2014, a essere l’oratrice a Ginevra di fronte alla Commissione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale. In questa occasione la donna presenta un rapporto realizzato congiuntamente da SisterSong, dal Centro per i diritti riproduttivi e dall’Istituto nazionale latino per la salute riproduttiva: il rapporto sottolinea l’esistenza di barriere concrete all’accesso ai servizi, soprattutto per le donne di colore, e alla mancanza di una cultura sulla salute riproduttiva e sessuale, cosa che porta a un tasso di mortalità più alto per le donne di colore durante il parto.

Grazie al suo discorso e alle attività portate avanti nel corso dell’anno, nel 2014 la rivista femminile (principalmente orientata a un pubblico di colore) Essence nomina Monica Simpson una dei nuovi leader per i diritti civili. In quello stesso anno, Monica fonda un programma, l’Artists United for Reproductive Justice, allo scopo di incentivare e aiutare gli artisti di colore a lavorare verso una transizione culturale che porti l’attenzione sulla questione dei diritti e della giustizia in materia di riproduzione.

Il suo attivismo a favore della libertà sessuale la porta a ottenere un riconoscimento nel 2015 dalla Woodhull Freedom Foundation. Nel 2016, Monica Simpson interviene di fronte alla Commissione di redazione del congresso nazionale dei democratici per parlare di giustizia riproduttiva e chiedere l’abolizione dell’Emendamento Hyde, che ha escluso l’aborto dagli interventi finanziati a livello federale tranne che nel caso di stupro e incesto. In quello stesso l’anno, la rivista LGBTQ Advocate la nomina tra i 40 leader più importanti con meno di quarant’anni di età. Nel 2022, entra anche nella lista delle 100 donne più influenti al mondo stilata dalla BBC.

Nel 2023, Monica Simpson è stata inserita dal Time nella propria lista delle 100 persone più influenti a livello mondiale. Al di là dell’attivismo, la donna è anche una cantante e un’attrice teatrale, e porta sul palco produzioni che affrontano le stesse tematiche del suo attivismo. Il suo primo album, Revolutionary Love: The Live Recording, è stato rilasciato nel 2015.

A cura di Chiara.