Sara Gambazza, Ci sono mani che odorano di buono, Longanesi (2023)

In una periferia dura e misera, il Cinghio, dove ognuno pensa a sé stesso, Marta guarda fuori dalla finestra e vede un’anziana donna seduta sola su una panchina del parco. Una parte di lei vorrebbe semplicemente ignorarla e dimenticarsene, ma un’altra parte, il suo cuore buono, non può smettere di pensarci. Marta finisce con l’accogliere nel proprio appartamento l’anziana signora dal nome bizzarro, Bambina, detta Bina, e da quel momento la sua vita subirà molti stravolgimenti. Per Marta, Bina è la nonna che non ha mai avuto, e in lei si risvegliano vecchie sensazioni, la fame di sentimenti e la consapevolezza di voler amare ed essere amata, nonostante la durezza della vita.

                                                                 Copyright di Longanesi

Chiara – Grazie mille, Sara, per il tempo che ha accettato di dedicarci per parlare del suo romanzo d’esordio, “Ci sono mani che odorano di buono”. Innanzitutto, può raccontarci qualcosa su di lei?

Sara Gambazza – Grazie a voi per l’attenzione! Di me non posso che raccontare cose semplici e comuni a molti: lavoro come infermiera, cresco tre figli, vivo in campagna con un marito paziente che di campagna non ne voleva sapere, faccio lunghe passeggiate coi miei cani e accudisco un paio di asinelli meravigliosi e sbruffoni. Leggo tanto, dormo poco e scrivo, nei tempi che bipedi e quadrupedi mi concedono.

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Cosa l’ha spinta, in particolare, a buttarsi nella stesura di questo romanzo?

Scrivo da sempre, amo visceralmente farlo, mi fa sentire bene. Da bambina riempivo quaderni con storie assurde che oggi mi riempiono di tenerezza, perché con la fantasia raddrizzavo il mio mondo storto. L’adolescenza ha visto centinaia di pagine di diario vomitate senza struttura, seguite da racconti disordinati, parole dedicate ai miei bambini, idee frammentate e qualche capitolo pasticciato che pretendeva di diventare romanzo. Qualche anno fa, complici gli orari di lavoro più flessibili e l’autonomia conquistata dai miei ragazzi (basta calze da infilare, mocci da pulire e bistecche da tagliare!), ho provato a dare forma all’immaginazione con metodo. Ho scritto un primo romanzo. Brutto. Ma finito, con un inizio, un corpo centrale e una conclusione. Ho preso coraggio, ho continuato a lavorare e a scrivere, scrivere, scrivere…

“Ci sono mani che odorano di buono” è nato così: tanta passione, un po’ di fatica, ore a pensare, digitare, rileggere, rifare.

Il Cinghio viene descritto con grande spessore, è un quartiere che pensa e respira, quasi fosse un personaggio a sé stante. Si è ispirata a una periferia in particolare?

Il Cinghio esiste, è un quartiere popolare alla periferia di Parma, la città in cui sono nata e cresciuta. Oggi quella zona è viva, ricca di verde, servizi e abitata da una comunità coesa e partecipativa, ma qualche decennio fa non era così. Il Cinghio era il tappeto sotto il quale una cittadina elegante nascondeva la propria sporcizia: il degrado, i tossici, quelle che oggi vengono chiamate famiglie disfunzionali, che non erano che disgraziati senza prospettive che mettevano al mondo figli nella miseria. Io sono cresciuta lì. Mio zio era un delinquente rissoso, ancora qualcuno lo ricorda camminare per il quartiere con una mazza e lo sguardo buio. Ho descritto ciò che ho conosciuto, l’ho romanzato, l’ho accarezzato con la dolcezza di chi, grazie al tempo e a mille abbracci, ha trovato la serenità.

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Bina, la nonna, è come un catalizzatore: il suo arrivo contribuisce a sconvolgere e cambiare la vita dei personaggi, e sottolinea in un certo modo il rapporto tra generazioni (mi viene in mente anche il rapporto tra Benny e nonna Celeste, sempre ricordato con un sorriso, e tra Ljuba e Maria). Ci vuole parlare del perché si è concentrata su questo rapporto in particolare?

Probabilmente perché è ciò che a me è mancato. Da bambina infilavo carezze e genitori meravigliosi nelle mie storie, perché di quello avevo una fame senza fondo. In questo romanzo però, non sono riuscita a scrivere della generazione che più mi ha fatto male, quella precedente alla mia. Non ci sono genitori, solo nonne: forti come nonna Celeste, inermi e indifese come la vecchia Maria, leggere e avvolgenti come Bina. Ho amato tanto immaginarle come motori inconsapevoli e potenti della storia, con le loro rughe, i pensieri lontani, le mani d’uccello. Nonne che profumano di sugo e moka… che odorano di buono.

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Marta, Genny, Benny, ma anche Gianna e Ljuba: una costellazione di personaggi “umili” che tentano comunque di trarre il meglio dalle proprie vite. Si identifica con qualcuno in particolare, o si è ispirata a qualcuno di specifico?

In ogni personaggio c’è tanto di tanti. Ho mescolato il mio mondo come una minestra e ho creato sapori nuovi, ma gli ingredienti di base sono le persone che conosco e ho conosciuto.

Marta mi somiglia: cocciuta, capricciosa, ma anche generosa, dai, che è un pregio che mi riconosco. La dolce Genny, con la sua storia di dolore e una voglia di essere amata tanto grande da divorarla, è in buona parte la cugina con cui sono cresciuta e a cui voglio un bene grande, figlia del disgraziato con gli occhi bui, divisa tra il bisogno di amarlo e la paura della sua rabbia senza luce. Al lavoro ho incontrato decine di Ljuba, qualche Gianna. Amo da quasi trent’anni un Benny.

E ci sono anche altri personaggi, al di là di Marta e Genny, che tendono la mano senza aspettarsi nulla in cambio, come Maurizio, il capo di Genny. Quanto sono importanti, secondo lei, la solidarietà e il senso di comunità?

Ben più che importanti: necessari. Chi vive in relativa serenità (ognuno ha i propri buchi neri dentro, ma qualcuno è costretto a evitare di cadere in pozzi profondi anche “fuori”) spesso non si rende conto della potenza fuori misura che può avere uno sguardo attento, una parola gentile, una mano tesa. Gesti piccoli, “brevi”, legati all’attimo in cui si esprimono, possono trasformarsi in nuove strade, luce, opportunità di pensiero.

Questa mattina, con un rametto, ho evitato che un’ape affogasse nell’abbeveratoio degli asini. Ho appoggiato il rametto sul davanzale della finestra, l’ape ha aspettato che le ali si asciugassero ed è volata via. Probabilmente quella stessa creaturina impollinerà il pesco in giardino. Il pesco darà frutti e, tra qualche mese, i miei ragazzi saccheggeranno i suoi rami e mangeranno pesche buonissime. Ecco, la vita di chi è più gonfio di bisogni che d’aria, spesso ha bisogno di questo: un rametto che li risollevi quando stanno per annegare, una mano che li metta al sicuro. Chi può, lo faccia. I frutti di quei gesti saranno dolcissimi.

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Di tutti i personaggi, probabilmente Fabio è quello più “negativo”, incentrato solo sui propri problemi, egoista e sleale. Eppure, anche lui, alla fine, si guarda dentro, chiedendosi il perché, perché non soffre come gli altri, perché non sente nulla. L’amore può davvero aiutarci a uscire da un tunnel buio, a migliorarci come persone?

Sì, ne sono convinta. Amore, comprensione, carezze, abbracci (su cui insisto perché a me sono tanto mancati… e che esplosione di sensazioni quando ne ho scoperto la dolcezza!) sono una terapia senza effetti collaterali. D’altronde, è proprio la loro mancanza, nella stragrande maggioranza dei casi, a far insorgere la “malattia”. A pensarci, è molto semplice: senza vitamina C t’ammali di scorbuto? Assumi la vitamina C e guarirai (perché mi sia saltata in mente una malattia datata e scomparsa da vecchio marinaio è un bel mistero…). Senza amore ti si inaridisce l’anima? Lasciati amare e le tue emozioni torneranno a essere un bel prato verde.

Anche la letteratura entra a un certo punto nella vita dei personaggi (Marta e Gianna) come un forte strumento di aiuto e autodeterminazione. Leggere apre alle due donne un nuovo modo di vedere la realtà e di concepire sé stesse, facendo superare loro un senso di inferiorità che si portavano dietro da sempre. Quanto è importante la lettura per lei?

Da bambina la lettura ha creato un mondo piccolo e sicuro in cui solo io potevo entrare: fuori i ceffoni, gli sguardi vuoti di chi non era in grado di capire, la paura, il sentirsi niente. Leggendo, ero tutto: un eroe, una principessa, una ragazzina piena di coraggio che incappa in mille avventure. Intorno a me tutto correva verso il buio, io trascorrevo ore nella mia luce. Sono talmente grata alla lettura, a chiunque abbia inventato storie bellissime, al mio angolo con la carta da parati a roselline, alla torcia rossa con cui leggevo infilata sotto le lenzuola, da faticare a esprimerlo. Attraverso la lettura io amavo e venivo amata. I libri sono stati per anni il mio rametto nell’abbeveratoio degli asinelli.

Come riesce a conciliare la scrittura con gli impegni di famiglia e di lavoro?

Un po’ a fatica, passando qualche notte in bianco o scrivendo coi pollici sul tablet mentre giro la pasta. Ma è una fatica desiderata, che affronto con passione, perché scrivere pigia forte nel petto, fa girare più velocemente il sangue. È amore. L’amore, alla fine, c’entra sempre.

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In chiusura, c’è qualcosa che vorrebbe dire a eventuali autrici e autori in erba con un manoscritto nel cassetto?

Leggete, innamoratevi delle storie, lasciate che spinga il desiderio di raccontarle. Osservate con sguardi profondi, fate vostri i gesti, le pieghe del viso, i pensieri che galleggiano negli occhi delle persone, a volte tanto prepotenti da fare rumore. Se il manoscritto è nel cassetto, lasciatelo lì per un po’ e riprendetelo dopo aver guardato e sentito la vita prudere sulla pelle. Nel mentre, scrivete scrivete scrivete. Allenatevi come farebbe un atleta in palestra. Abbiate il coraggio di buttare e rifare, non fermatevi alla prima idea, fate maturare trame e parole, lasciate che invecchino come il vino. E ascoltate i no più dei sì, perché sono motori per farsi domande e continuare a cercare e imparare.

Quando penserete di avere tra le mani la miglior versione di ciò che volevate raccontare, confezionate un bel vestito (una presentazione come si deve e un manoscritto revisionato con cura) e spedite a concorsi, tornei, agenti. Buona fortuna!

Intervista a cura di Chiara.

– Ci sono mani che odorano di buono è disponibile in libreria, sul sito web della casa editrice Longanesi e sui maggiori store online: Amazon, Ibs e LaFeltrinelli.

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