La luce nell’arte
La ricerca e la resa visiva della luce nell’arte pittorica è un elemento che ritorna puntualmente nelle varie epoche. La luce svela gli elementi e gli oggetti rappresentati dando loro un posto concreto all’interno della rappresentazione e conferendogli una definizione esatta. Da opere d’arte antiche come tavole bizantine finemente lavorate con foglie d’oro, alla pittura ad olio o alle più recenti installazioni d’arte con neon e fasci luminosi, la resa della luce è sempre stata oggetto di speculazione.
In epoca medievale la luce aveva una valenza essenzialmente simbolica che comunicava un’idea di trascendenza e di soprannaturale: raggi di sole, luci o auree indicavano l’immanenza divina nelle cose terrene. Fino all’alba del Rinascimento la luce rimane mera manifestazione del divino, fino a quando non inizia a venire considerata in sé come elemento naturale. Per tutto il Barocco la resa della luce è ricerca di toni chiari e scuri che si contrappongono, mentre sarà l’impressionismo a inaugurare una raffigurazione visiva della luce fatta di colori puri e brillantezze suggestive.
L’espressionismo e le Avanguardie del ‘900 inseguono anch’esse l’idea della luce definendola all’interno della tela con colori accesi e vivaci, un vero e proprio turbamento per l’occhio che osserva.
La contemporaneità, invece, sia nella pittura che in architettura e scultura, punta sulla presenza di fasci di luce, neon, monitor e fari che comunicano in modo plastico e disilluso l’idea della luce come forza ed energia.
Caravaggio e gli studi sulla luce: La vocazione di San Matteo
Non possiamo non citare Caravaggio se parliamo di resa visiva della luce: la sua tecnica quasi cinematografica e l’interpretazione dei chiaroscuri sulla tela ricorda tantissimo la tecnica fotografica.
Caravaggio lavora con la luce e il buio in un modo magistrale tanto che la luce stessa nella sua enigmaticità diventa protagonista della tela.
La vocazione di San Matteo, opera del 1600, descrive la chiamata da parte di Cristo di Matteo: ambientata in una bettola, la chiamata avviene in un luogo profano in mezzo a gente comune.
L’elemento straordinario che lascia presagire il miracolo è proprio la luce che si insinua potente e mistica ad illuminare volti e mani. Dalla forte valenza simbolica e rinvenibile in molte opere di Caravaggio, la luce veniva riprodotta dall’autore mediante speciali esperimenti con torce e altri ausili che potessero ricreare l’effetto magico desiderato, da trasferire poi sulla tela.
Rembrandt e la luce drammatica: Lezione di anatomia del Dottor Tulp
Noto per l’inclinazione a ritrarre il proprio volto e per la tecnica sapiente e originale, Rembrandt dipinge la Lezione di anatomia nel 1632: la pittura ad olio rivela un eccellente uso della luce.
Nel dipinto si vedono dei dottori intenti a sezionare il braccio di un cadavere, un uomo impiccato a causa di una condanna a morte. L’intero gruppo di discenti, collocato su uno sfondo cupo e scuro è avvolto in una luce quasi soprannaturale. Tale illuminazione, diversa da quella di Caravaggio che proviene da una fonte ben precisa, investe il gruppo in modo omogeneo, facendolo emergere in modo sorprendente dall’oscurità, come se brillasse di luce propria.
Scrivi un commento