Il verde nell’arte

Raccomandato da Goethe per le camere da letto nelle sue tonalità più soft e riposanti, il verde nella storia dell’arte è protagonista di una controversa e alterna fortuna. Tra il giallo e il blu nella scala cromatica, nel Medioevo il colore verde era associato a invidia, rabbia, follia e sentimenti pressochè negativi. 

 Più tardi, nel XIII secolo il suo utilizzo divenne più frequente, con le diverse sfaccettature cromatiche che però restavano associate all’idea della mutevolezza della Fortuna, della sorte arcigna oppure generosa: verde è il colore dei tavoli da gioco, verdi sono sono le banconote e la stessa dicitura “essere al verde” risulta più che eloquente. 

Sarà poi l’illuminismo e il secolo del trionfo della Ragione a rivalutare il verde, associandolo al mondo naturale, a boschi e prati e a tutto un sentimento romantico che tendeva alla scoperta del legame ancestrale uomo-natura. 

Per tutto il XVIII e XIX secolo il verde rimase, quindi, colore privilegiato per comunicare sentimenti tenui e una pacifica comunione con la natura: di questi anni sono celebri i dipinti di paesaggi dalle dominanti tonalità di verde che ritraggono lussureggianti boschi e distese naturali.  

L’americano McNeil Whistler, ad esempio, creò una serie di tele (definite programmaticamente “sinfonie”) che ritraevano elementi naturali, boschi e acque, con una prevalenza di tonalità di verde: un colore sempre diafano e diluito che descrive attraverso tenui variazioni cromatiche la complessità della natura e della sua essenza. 

Il secolo XX e poi i tempi presenti hanno assunto il verde come simbolo dei movimenti “green”: il verde è onnipresente in simboli e nelle grafiche di movimenti politici e ambientalisti, un richiamo più che evocativo ad un mondo naturale messo in pericolo dagli eccessi della vita moderna.

Van Gogh, il verde e il rapporto con la Natura

Olio su tela, colori brillanti e audaci, Alberi e sottobosco è un suggestivo dipinto permeato  dalle tonalità di verde.  

Questa mirabile opera, risalente al 1887, ritrae un paesaggio boschivo visto da vicino e  riflette l’anima tormentata del suo autore, che cresciuto in un piccolo centro rurale in Olanda amava le atmosfere agresti e naturali.  

Le pennellate dense e nervose, ricche di sfumature che lasciano indovinare la luce che filtra  tra i rami, derivano da un’attenta osservazione e interpretazione del paesaggio naturale. Van Gogh non dipingeva ciò che i suoi occhi vedevano, sceglieva di ritrarre più che le cose in sé, l’impressione che aveva avuto delle cose. 

Gustav Klimt, Il Parco di Vienna e l’Art Noveau

Custodito insieme ad altri capolavori nel MOMA a New York, Il Parco è un dipinto dominato da chiome superbe di alberi verdissimi. Ispirato da un paesaggio viennese, questa  tela è un trionfo di vegetazione tenuemente illuminata dal sole che comunica una sensazione di estatica immobilità.

Sullo sfondo si intravedono agili ed esili le sagome dei tronchi che  creano un’atmosfera immersiva e totalizzante per lo spettatore, rapito dall’uso magistrale  della pennellata.  

Olio su tela, risalente al 1909, Il Parco si colloca pienamente nel solco dell’Art NoveauLiberty, corrente nata in Europa tra Ottocento e Novecento che aveva tra i suoi capisaldi un rinnovamento della vita spirituale e morale attraverso la contemplazione della natura: solo con un ritorno ad essa e ad una vita in comunione con gli elementi naturali l’uomo può  salvarsi dalla frenesia dell’epoca moderna.