Francesca da Rimini
Francesca, quella Francesca che, insieme al suo amante Paolo, viene citata da Dante nel canto V dell’Inferno della Divina Commedia (“Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse”, v. 137), non è una figura romanzata, ma una donna veramente esistita ai tempi di Dante.
Nota come Francesca da Rimini o Francesca da Polenta, ella nacque probabilmente nella seconda metà del tredicesimo secolo ed era la figlia di Guido da Polenta, capostipite di una famiglia nobile e potente di Ravenna; sua madre era forse una nobile discendente da una famiglia di Ferrara. Quando probabilmente Francesca aveva circa dodici o tredici anni, venne data in sposa a Gianciotto Malatesta, figlio di un altro prestigioso signore e capofamiglia di Rimini, Malatesta da Verucchio.
Non si sa se il matrimonio fu combinato per sanare delle dispute tra le due famiglie, o se come ringraziamento per l’aiuto che Gianciotto Malatesta diede in battaglia accanto ai Da Polenta contro la famiglia avversaria, i Traversari. Gianciotto, probabilmente già avviato ai quaranta al momento del matrimonio, aveva un fratello più giovane di qualche anno, Paolo.
Non esistono documenti o altre testimonianze sulla storia d’amore tra Paolo e Francesca. Si sa per certo solo che entrambi, scoperto l’adulterio, vennero uccisi. L’unica narrazione della storia che abbiamo disponibile è quella di Dante: secondo il Poeta, i due si innamorarono già in occasione del matrimonio tra Francesca e Gianciotto; la relazione clandestina, però, nacque in seguito alla lettura peccaminosa della passione segreta tra Lancillotto e Ginevra, aiutati dal siniscalco del re, Galeotto (da cui deriva appunto l’espressione “essere galeotto”, ossia essere un aiuto, un fattore scatenante di qualcosa).
La morte di Paolo e Francesca ebbe grande risonanza tra i contemporanei e anche nei decenni successivi. Il letterato e storico Vincenzo Carrari, un paio di secoli dopo il fatto, riportò nella sua opera storica che i due amanti erano stati sorpresi a dormire insieme ed erano stati uccisi seduta stante da Gianciotto.
Inutile dire che questa fu una passione mortale da tutti i punti di vista. L’adulterio veniva considerato un peccato gravissimo; Dante, infatti, colloca i due amanti nell’Inferno, e lancia un’implicita frecciata alle storie cavalleresche (come quella di Lancillotto e Ginevra), che possono suscitare passioni lussuriose in anime già di per sé deboli. Di Francesca non ci sono giunte immagini; tutte le sue rappresentazioni sono invenzioni degli artisti che si sono ispirati alla sua vicenda.
A cura di Chiara.
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