Maria Altmann
Maria Bloch-Altmann è stata un’ebrea austriaca naturalizzata statunitense che è fuggita dal proprio paese dopo l’ascesa del nazismo e l’annessione dell’Austria alla Germania; il suo nome è diventato famoso a seguito della sua battaglia legale contro il governo austriaco, tramite la quale ha richiesto la restituzione dei quadri di Klimt che erano stati sottratti alla sua famiglia dai nazisti.
Un salotto culturale
Maria Victoria Bloch nacque il 18 febbraio 1916 a Vienna, figlia di Marie Therese Bauer e Gustav Bloch. Era una famiglia benestante e immersa nella cultura, che nel 1917, cambiò il proprio cognome in Bloch-Bauer, assumendo così anche il cognome del ramo materno, il cui ultimo patriarca, Moritz Mauer, era morto senza figli maschi. In particolare, la zia Adele Bloch-Bauer, moglie del ricco imprenditore e collezionista d’arte Ferdinand, ospitava nella propria casa uno dei salotti culturali più famosi dell’epoca: presso la zia Adele transitavano grandi nomi come Arthur Schnitzler, Gustav Mahler, Richard Strauss, Otto Wagner, ma soprattutto Gustav Klimt, che utilizzò la bellissima Adele, sua musa e mecenate, come modella per alcuni dei suoi quadri più famosi. Infatti, uno dei suoi pezzi più noti è proprio Ritratto di Adele Bloch-Bauer, eseguito nel 1907.
Maria crebbe quindi in un ambiente culturalmente e creativamente stimolante, facendo amicizia con grandi personalità artistiche; era molto legata alla zia Adele, e quando questa morì per una meningite nel 1925, fu fortemente sconvolta.
La fuga
Nel 1937, Maria sposò il cantante lirico Fredrick Altmann e ricevette come dono di nozze dallo zio Ferdinand proprio la collana che la zia Adele indossava nel famoso ritratto di Klimt. I due novelli sposi trascorsero la luna di miele a Parigi. Rientrati in patria, si trovarono in un paese che stava rapidamente precipitando nelle mani dei nazisti. Lo zio Ferdinand fu costretto a cedere ai nazisti il proprio zuccherificio; il fratello di Fredrick, Bernhard Altmann, che possedeva una florida industria tessile, intuendo il pericolo fuggì in Inghilterra dopo aver istituito un fondo fiduciario in Svizzera dove far confluire i guadagni della famiglia. Le sue precauzioni, però, si rivelarono vane: la banca svizzera cedette i conti dei Bloch-Bauer e degli Altmann ai nazisti, e Fredrick venne arrestato e internato a Dachau per ricattare il fratello Bernhard e costringerlo a cedere la propria azienda a degli imprenditori ariani; anche Maria venne arrestata dalla Gestapo. Bernhard dovette acconsentire e lasciò l’Inghilterra, trasferendosi nel Nord America.
Fredrick e Maria furono rilasciati, ma furono tenuti agli arresti domiciliari; la loro casa venne spogliata di tutti i beni di valore, inclusi i gioielli di Adele e la famosa collana del ritratto, che finì nella collezione di Göring. Nel frattempo, molti dei loro amici e parenti furono uccisi o deportati dai nazisti: per Maria e il marito fu chiaro che dovevano fuggire per evitare lo stesso destino. Fu una scelta difficile: Maria dovette abbandonare i genitori, impossibilitati a fuggire con lei, e tutti gli averi che ancora le rimanevano. Ma non aveva altra scelta: lei e Fredrick riuscirono a sottrarsi alla sorveglianza e a raggiungere Colonia con un volo di linea; di lì, a piedi, attraversarono il confine con l’Olanda, e poi raggiunsero l’Inghilterra. Dopo un breve periodo a Liverpool, nel 1941 si trasferirono negli Stati Uniti, dove si stabilirono a Los Angeles.
Negli Stati Uniti
Fredrick e Maria tentarono di ricostruirsi una vita negli Stati Uniti, e furono aiutati in questo da Bernhard. Infatti, l’imprenditore aveva fondato una nuova impresa tessile e aveva avuto l’idea di importare negli Stati Uniti il cashmere; nel 1948, chiese a Maria di assisterlo nel commercio, smerciando i suoi prodotti in California. L’impresa tessile ebbe un enorme successo e Maria riuscì a diventare la fornitrice esclusiva di cashmere della grande catena Kerr’s, frequentata dai divi di Hollywood; aprì inoltre una propria boutique esclusiva a Beverly Hills, che continuò a gestire anche dopo la morte di Bernhard nel 1955.
In Europa, nel frattempo, la situazione finì in tragedia. I genitori di Maria morirono, e così anche lo zio Ferdinand che, pur spogliato dei propri averi, stilò comunque un testamento in cui lasciava i suoi beni ai propri nipoti, tra cui anche Maria. Beni che, nel frattempo, erano stati saccheggiati e suddivisi dalle autorità naziste; i quadri vennero venduti a collezionisti privati, tranne i ritratti di Klimt, che vennero invece reclamati dalla Galleria del Belvedere, che affermò che Adele Bloch-Bauer aveva espresso nel proprio testamento la volontà di lasciare i propri ritratti al museo. Per nascondere la provenienza “ebraica” del dipinto, il famoso ritratto fu ribattezzato La donna in oro.
Altmann contro il governo austriaco
Sin dalla fine della guerra, i sopravvissuti della famiglia Bloch-Bauer tentarono di recuperare i beni confiscati. Leopold, fratello di Maria, cercò di recuperare qualche bene dello zio Ferdinand, ma si scontrò con l’insabbiamento da parte delle autorità austriache, che si rifiutarono di mostrare i presunti documenti con cui la zia Adele avrebbe lasciato in eredità i quadri al museo Belvedere. Per anni, la situazione scivolò nel dimenticatoio; di fronte all’ostruzionismo delle autorità, la famiglia Bloch-Bauer rinunciò alla lotta.
Le cose cambiarono negli anni Novanta: grazie a un nuovo clima politico, l’Austria promosse una legge che imponeva una maggiore trasparenza riguardo a quanto accaduto durante gli anni del nazismo. Questo consentì al giornalista austriaco investigativo Hubertus Czernin di scoprire nuove informazioni: Ferdinand, l’effettivo proprietario dei quadri dopo la morte della moglie Adele, non aveva mai donato nulla al museo. Maria, all’epoca ottantatreenne, decise di ritentare il recupero dei beni di famiglia. Con l’aiuto dell’avvocato, figlio di amici, E. Randol Schönberg, tentò dapprima una mediazione con il governo austriaco, ma quando questi rifiutò qualsiasi concessione in merito ai ritratti, Maria capì che l’unica strada era un’azione in tribunale.
Inizialmente, Maria e Schönberg tentarono un’azione legale in Austria, ma i costi del processo erano proibitivi; nel 2000, però, grazie a un cavillo legale, riuscirono a portare il caso presso la Corte distrettuale della California. Di fronte alla prospettiva di un processo negli Stati Uniti, dove la figura di Maria, per quanto anziana, poteva avere una significativa influenza sulla giuria, il governo austriaco acconsentì a un arbitrato extragiudiziale a Vienna. Nonostante le prospettive di vittoria fossero poche, grazie all’attenzione che il caso aveva conquistato presso l’opinione pubblica, Maria Altmann riuscì a vincere e a ottenere la restituzione dei quadri di Klimt.
Dopo questa vittoria, Maria intentò altre cause, tra cui quella contro la banca svizzera che aveva tradito gli interessi di Bernhard Altmann, portando alla luce tutte le irregolarità e illegalità perpetrate nei confronti della sua famiglia durante il nazismo. Maria morì il 7 febbraio 2011, all’età di 95 anni, ma le battaglie da lei iniziate furono portate avanti dagli eredi.
Oggi, il Ritratto di Adele Bloch-Bauer è esposto alla Neue Galerie di New York.
A cura di Chiara.
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