Irma Bandiera

Irma Bandiera è stata una partigiana italiana, che ha combattuto tra le file della Resistenza con il nome di battaglia di “Mimma”.

La vita

Irma Bandiera nacque a Bologna l’8 aprile 1915, terza di tre figlie. La sua era una famiglia benestante; il padre, Angelo Bandiera, era capomastro edile. Non si sa molto della sua infanzia, ma si sa che negli anni Venti, di fronte all’ascesa del fascismo, sia il padre Angelo che la madre Argentina Manferrati e sua sorella, Nastia, manifestarono la propria opposizione al regime. La sua famiglia, quindi, probabilmente contribuì all’avvicinamento di Irma all’antifascismo. 

Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, la giovane Irma era fidanzata con il soldato Federico, che sarebbe andato disperso nel 1943, dopo essere stato fatto prigioniero in Grecia. A nulla valsero le ricerche di Irma e della sua famiglia. Questa vicenda, unita al suo avvicinamento al Partito Comunista, a cui si iscrisse, la portò a interessarsi sempre di più alla Resistenza e all’antifascismo. 

Mimma 

La famiglia Bandiera aveva dei parenti a Funo, una cittadina emiliana nel comune di Argelato, e fu lì che Irma, nel 1943, incontrò Dino Cipollani, studente di Medicina, ma anche partigiano con lo pseudonimo di “Marco”. L’incontro con Dino la spinse a entrare nella Resistenza con il nome di battaglia “Mimma”; ben presto, unitasi alla Settima GAP, le venne affidato uno dei ruoli più pericolosi: quello della staffetta. Il suo compito era mantenere i contatti tra i vari gruppi e, se necessario, trasportare armi e messaggi: la sua età, il suo abbigliamento da signorina, il suo aspetto che lasciava intendere la provenienza da una buona famiglia costituirono un’ottima copertura alle sue missioni. 

A cavallo tra 1943-1944, la Resistenza in quella zona dell’Emilia-Romagna era molto attiva, ma la situazione peggiorò a sfavore dei partigiani quando, il 5 agosto 1944, uccisero un ufficiale tedesco e un comandante delle Brigate nere. I nazifascisti risposero con una vera e propria rappresaglia, mirata a stanare ogni singolo partigiano della zona: fu in questo fuoco incrociato che Irma venne catturata. La sera del 7 agosto, dopo che Irma aveva consegnato un carico di armi a Castel Maggiore, venne arrestata insieme a due compagni. I tre partigiani vennero portati nelle scuole di San Giorgio di Piano, ma Irma fu ben presto separata dai due compagni e portata invece a Bologna, dove fu lasciata nelle mani della Compagnia Autonoma Speciale, capitanata da Renato Tartarotti

Le torture e la morte

Per ben sei giorni, Irma fu sottoposta a molteplici torture per estorcerle i nomi dei suoi compagni e l’ubicazione delle basi partigiane per cui aveva lavorato come staffetta. Nonostante le sevizie, Irma resistette senza rivelare alcuna informazione. Nel frattempo, la sua famiglia la cercò fra i centri di smistamento per i detenuti, presso la questura e il comando tedesco, ma senza alcun risultato.

 

L’ultimo giorno, i seviziatori tentarono un’ennesima minaccia: portata Irma di fronte alla casa dei suoi genitori, le intimarono di parlare, o non li avrebbe rivisti mai più. Irma resistette anche a questa minaccia e non parlò. Per tutta risposta, i soldati la accecarono con una baionetta e, il 14 agosto, la portarono ai piedi della collina di San Luca, vicino alla casa dei suoi genitori, dove la giustiziarono, infierendo sul suo corpo già martoriato a colpi di mitra.

Per tutto il 14 agosto, come monito agli altri partigiani, il suo corpo fu lasciato esposto per strada, vicino alla fabbrica di prodotti sanitari ICO. Solo il giorno dopo il cadavere fu portato presso l’istituto di medicina legale dove un contatto della Resistenza riuscì a scattare delle foto a prova delle torture che la giovane Irma aveva subito.

L’eredità

Quando la famiglia recuperò il corpo, Irma fu sepolta al cimitero monumentale di Bologna. Il suo sacrificio, però, non fu vano: era riuscita a mantenere segreta l’identità del suo circuito partigiano, e in suo onore i compagni le dedicarono una brigata SAP, Squadra di Azione Patriottica, chiamandola Prima Brigata Garibaldi “Irma Bandiera”. La sezione bolognese del Partito comunista le dedicò inoltre un pamphlet clandestino, in cui esaltava il suo coraggio e incoraggiava i cittadini a continuare a lottare per la causa partigiana.

Terminata la guerra, la Corte di Assise di Bologna istruì un processo per trovare i responsabili dell’arresto e dell’esecuzione di Irma, ma nessun colpevole fu mai formalmente condannato. Alla giovane partigiana venne riconosciuta la Medaglia d’Oro al Valor Militare e il suo nome venne inserito nel Sacrario di Piazza Nettuno e nel Monumento alle Cadute partigiane di Villa Spada. La città di Bologna le dedicò una via, in cui è posta una targa commemorativa del suo sacrificio, e così fecero altre cittadine della zona, legate alla sua attività di partigiana, come Argelato, Castel Maggiore, San Giorgio di Piano. A Irma è anche dedicato un capitolo dell’opera “Ribelli!” di Pino Cacucci (2013). I due street artist Wally e Alita hanno in seguito realizzato un murales a lei ispirato sulla facciata della scuola Bombicci a Bologna.

A cura di Chiara.