Nascita di Leda Antinori

Leda Antinori nacque il 17 febbraio 1927 a Fano, in provincia di Pesaro e Urbino, nelle Marche. Leda era cresciuta in una famiglia apertamente antifascista, considerando che suo padre Emiliano Antinori rifiutò di tesserarsi al Partito Nazionale Fascista. La famiglia di Leda viveva grazie alla vendita e alla produzione di tessuti di lana, inoltre era dedita anche alla vendita di legna da ardere e di carbone.

Per aiutare la sua famiglia, la piccola Leda abbandonò la scuola dopo avere terminato la quarta elementare per poi decidere di imparare il mestiere di sarta. Ancora adolescente, all’età di 16 anni Leda decise di iscriversi al Partito Comunista Italiano. Successivamente, continuando a militare in ambito politico decise poi di iscriversi ai GAP, i Gruppi  di Azione Patriottica di Pesaro e successivamente alla SAP, la Squadra di Azione Patriottica di Fano. Con la sorella Iva e sua madre, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, decise di realizzare dei vestiti per i partigiani che combattevano negli Appennini.

L’inizio della sua attività di staffetta partigiana

Presto, oltre a realizzare vestiti per i partigiani, decise di intraprendere la sua attività come staffetta partigiana, diventando capo servizio di collegamento del gruppo di comando che si occupava di portare  viveri, messaggi, armi, ordini e anche stampa clandestina ai partigiani che erano operativi lungo l’area territoriale compresa tra la valle del Metauro e la Gola del Furlo. Il suo operato fu così importante al punto da diventare anche responsabile dei Gruppi di Difesa della Donna, una tipologia di formazioni partigiane femminili che diedero un grande supporto alla Resistenza e alla lotta al fascismo.

L’arresto di Leda da parte dei nazisti

Il 20 luglio 1944 la giovane diciasettenne fu arrestata dai nazisti tra Sant’Andrea in Villis, dove si trovava come sfollata insieme ai membri della sua famiglia, e Fenile, località che si trovava alla periferia di Fano; nel momento dell’arresto Leda stava effettuando un trasporto di armi. In quell’occasione il suo sacrificio fu enorme, perché si fece arrestare per permettere la fuga dei suoi compagni salvando loro la vita. Dopo il suo arresto, Leda fu condotta dai nazisti prima a Carignano, poi a Novilara e in seguito definitivamente a Mondolfo, nella provincia di Pesaro e Urbino, dove le SS avevano un comando.

Presso il comando di Mondolfo, i tedeschi cominciarono ad interrogarla, mettendola anche a confronto con la sorella Iva, ma questi interrogatori si risolsero in un nulla di fatto, perché Leda non diede alcuna informazione a questi ultimi, salvando ancora una volta i suoi compagni della Resistenza partigiana. Successivamente fu riportata a Novilara insieme alla gi0vane Magda Minciotti che aveva soltanto 15 anni. Con quest’ultima, la giovane Leda condivideva la stessa cella. Un giorno, durante una visita che le fece, suo padre le rivelò che i partigiani stavano facendo di tutto per trovare un modo mediante il quale liberarla. Lei però fu contro questa decisione opponendosi, perché temeva delle ripercussioni da parte dei nazisti sui suoi compagni di lotta e sui suoi familiari.

Dopo la carcerazione tra Mondolfo e Novilara, la giovane venne poi trasferita nel mese di agosto nelle carceri di Forlì e presto fu decisa la sua pena capitale: la condanna a morte per fucilazione.

I bombardamenti del 12 ottobre 1944 e la fuga

Il 12 ottobre 1944 fu una data molto importante, perché in seguito al bombardamento che aveva preso di mira le carceri emiliane delle cosiddette Caserme Rosse, Leda era stata in grado di fuggire dalle carceri in cui era stata rinchiusa dai tedeschi. Iniziò quindi una tormentata fuga della ragazza attraverso i territori dell’Emilia-Romagna senza avere alcun rifugio in cui stare e senza potere indossare dei vestiti adeguati a fronteggiare le intemperie invernali. Grazie ad una famiglia di contadini di Faenza riuscì poi finalmente a trovare un adeguato rifugio e presto riprese a svolgere l’attività di staffetta.

Purtroppo a causa di un nuovo bombardamento, tutti i membri della famiglia presso cui era ospite persero la vita. A questo punto si recò presso l’Ospedale di Castel Raniero, dove trovò rifugiò e dove curò anche altri partigiani feriti. Presto decise di fare ritorno nella sua terra natia e, dopo essere giunta nel forlivese, area territoriale già liberata, era stata arrestata dalle truppe polacche che la liberarono soltanto dopo due settimane, quando un partigiano di nazionalità slava riconobbe la ragazza.

Il ritorno a casa e la morte

Finalmente dopo un viaggio complicato, il 20 dicembre 1944 Leda Antinori fece ritorno a Fano, che fu liberata il 27 agosto 1944. Le sue condizioni di salute non erano ottime e inoltre era molto provata da tutte le fatiche dovute alla carcerazione dei mesi precedenti e dalle difficili condizioni di vita successive  che la videro in fuga dall’Emilia Romagna con l’intento di fare ritorno a casa. Addirittura, quando fece ritorno a casa sua a Fano, aveva ancora indosso i vestiti di quando era stata arrestata dai tedeschi cinque mesi prima e soltanto una giacca che le era stata data dai contadini per cercare in qualche modo di ripararsi dal freddo.

Cercò di dettare un diario delle sue memorie alla sorella Iva, che però non riuscì a terminare dato che aveva la febbre alta e una forte tosse. Leda Antinori fu successivamente ricoverata presso l’ospedale “Santa Croce” e dopo un mese morì di meningite tubercolare alla giovane età di 18 anni il 3 aprile 1945, due giorni dopo Pasqua.

Il ricordo di Leda Antinori

In seguito il ricordo della ragazza e delle sue grandi imprese a favore della libertà furono ancora vivi. La Commissione regionale marchigiana decise infatti di riconoscere il suo ruolo di partigiana combattente sotto il grado di sottotenente. Tutt’oggi Fano la ricorda nel suo centro storico riportando il suo nome su una lapide insieme a quello di altri 11 partigiani, che come lei lottarono per la libertà dal nazifascismo. Nel dopoguerra inoltre il Partito Comunista Italiano aveva intitolato una delle proprie cellule formata da sole donne in sua memoria. Sempre l’ANPI di Fano nel 2011 le ha intitolato una nuova sezione che era stata ricostituita e lo stesso comune cittadino ha intitolato una strada cittadina in sua memoria.