Introduzione

La rappresentazione del corpo, l’individuazione delle corrette sfumature, la ricerca dell’erotismo e del pudore. Tutti questi temi, così come molti altri ancora, hanno affascinato per anni gli artisti del mondo. Siamo irrimediabilmente interessati al corpo, alla sua capacità di assumere le forme più strane ed adattarsi alle situazioni in modo diverso. 

Per anni, la presenza del nudo nell’arte è stata “contraddittoria”. Secondo alcuni critici, rappresentava qualcosa di proibito ed innecessario, mentre altri credevano fermamente nella sua capacità di trasmettere bellezza. In base al modo in cui il nudo viene rappresentato, riesce a trasmetterci sensazioni diverse e a dare nuova vita al corpo. 

Una contraddizione molto interessante, quella tra erotismo e pudore, che vale la pena analizzare più da vicino. 

Oggi, lo faremo concentrandoci sull’analisi di due quadri di nudo, che rappresentano il corpo femminile in modo diverso: 

  1. “Ragazza Distesa” di François Boucher 
  2.  “Venere allo specchio” di Diego Velàzquez 

Cercheremo di capire quali sono i significati nascosti dietro la realizzazione delle due opere e come il corpo femminile appare agli occhi attenti degli artisti. 

Ragazza distesa, François Boucher

Il quadro “Ragazza distesa” (conosciuto anche come “Odalisca Bionda”), è stato dipinto da François Boucher in due versioni diverse: la prima nel 1751 e la seconda nel 1752. Non ci sono tantissime differenze tra i due quadri, ma oggi ci concentreremo sulla versione originale del ’51, prendendola come “campione d’esame”. 

Il soggetto rappresentato, una giovane donna distesa su un divano, è probabilmente Marie-Louise O’Murphy, una delle amanti più famose di Luigi XV. 

Il quadro, è considerato come una delle opere più erotiche di tutto il Rococò francese, qualcosa di inaspettato e ugualmente spettacolare. L’erotismo riscontrato dalla critica è evidente dalla posizione del corpo della donna, distesa con le gambe leggermente divaricate ed il busto rialzato verso l’alto. La sua espressione rapita, completamente concentrata su una scena che l’osservatore non riesce a vedere, sembra accentuare l’aspetto misterioso del quadro. 

Non sappiamo cosa stia guardando la giovane, mentre si trova distesa in una stanza riccamente decorata, così come non sappiamo il perché del suo trovarsi lì. Tutto il quadro è un incitamento alla fantasia, un invito affinché l’osservatore faccia le sue valutazioni ed immagini in autonomia cosa succede. Uno degli aspetti più interessanti di questa rappresentazione, l’elemento che la differenzia da tantissimi quadri simili, è la presenza del libro aperto nell’angolo sinistro. Il libro rappresenta la cultura della fanciulla, la sua conoscenza e la sua intelligenza. Il libro diventa il simbolo del pensiero illuminista di metà Settecento e ci trasmette una nuova informazione sulla donna rappresentata. 

A differenza di tanti altri quadri che rappresentano scene di nudo, il quadro di Boucher è pienamente rispettoso della figura della donna. La ragazza è vista come completamente consapevole, libera di prendere le proprie decisioni e di compiere le proprie scelte. Questo aspetto è estremamente interessante, perché ci dà accesso ad un nuovo tipo di erotismo non più connesso alla privazione e al “peccato”, ma alla consapevolezza e alla fiducia in sé stessi. 

Venere Rokeby, Diego Velàzquez

Passiamo ora al secondo quadro, la famosa “Venere Rokeby” di Diego Velàzquez o detta anche Venere allo specchio. L’opera, dipinta intorno al 1648, è conosciuta anche come “Venere allo specchio”, proprio in riferimento alla scena immortalata dal pittore. 

Nel quadro, la dea dell’amore si trova distesa su un letto adornato da lenzuola di raso. Sul letto si trova anche Cupido, che regge uno specchio nel quale il volto della Dea si trova riflesso. Nonostante l’inclinazione dello specchio non sia corretta – nella realtà non riusciremmo a vedere il volto di Venere – l’opera è ugualmente molto efficace. 

In questo caso, la nudità combinata con la presenza dello specchio rappresenta il “mettersi a nudo”, l’aprirsi completamente ai sentimenti. Non a caso parliamo proprio della dea dell’amore, che a sua volta rappresenta la passione e la potenza dei sentimenti amorosi. La dea Venere è presente in tantissime altre opere, spesso distesa e spesso nel pieno della sua nudità. Nel quadro di Velàzquez, tuttavia, notiamo qualche differenza rispetto alla rappresentazione classica. La sua Venere ha i capelli scuri e non è in alcun modo circondata da fiori. L’unico elemento che ci permette di riconoscerla è Cupido, che ne assicura la divinità. Questo perché, con ogni probabilità, Velàzquez puntava a proporre una nuova visione della dea, più vera ed enormemente più fragile. L’amore ci mette a nudo e ci costringe a specchiarci e vederci davvero per la prima volta.